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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2011 alle ore 17:24.
Lui ha detto chiaro e tondo che non intende dimettersi. «Non faccio il dimissionario per professione». Ma quel voto, immortalato ieri sul tabellone elettronico del Senato che ha "salvato" l'ex assessore pugliese dagli arresti domiciliari, mette in grande imbarazzo il Pd. Che Alberto Tedesco, in verità, ha lasciato nei mesi scorsi autosospendendosi dal gruppo per migrare nel misto. Ma questo non conta perché il giorno dopo il verdetto, sui suoi (ex) compagni di partito continua a piovere un coro di critiche da parte della maggioranza e l'accusa di doppiopesismo. «Avete punito uno dei nostri e salvato Tedesco», è il refrain che circola nei corridoi di palazzo Madama.
Il Pd in pressing sul senatore per costringerlo a un passo indietro
In casa dei democratici si prova ovviamente a parare il colpo. Scaricando la responsabilità sulla Lega, ma la difficoltà è palpabile. E, anche se ufficialmente nessuno intima all'assessore di dimettersi («vedremo nelle prossime ore le sue riflessioni», aveva detto ieri sera Pierluigi Bersani), la verità è che i vertici del Pd stanno moltiplicando il pressing nei confronti del senatore, uomo forte della Giunta Vendola e del partito in Puglia (leggi il ritratto). «Tedesco non lascerà mai», è il commento dei più quando si prova a capire cosa accadrà.
L'imbarazzo dei democratici
Una scelta che rischia di ingabbiare il Pd facendolo apparire come il partito che ha difeso il suo uomo mandando in carcere invece Alfonso Papa. Difficile dire quanti e dove hanno tradito. Tedesco è convinto che a salvarlo siano stati quelli del centro-destra, ma i conti che si fanno tra i democratici non escludono defaillance rispetto alla linea ufficiale del partito che in aula si era schierato a favore della richiesta avanzata dai magistrati pugliesi: quindici-venti voti che avrebbero disatteso il diktat dei vertici e si sarebbero affiancati a quelli della maggioranza "garantista" su Tedesco. Rispetto ai 132 voti "contro" le manette annunciati in aula, alla fine se ne sono registrati diciannove in più, da ricercare insomma sul fronte dell'opposizione. Dove, a partire proprio dal Pd, era nota da tempo la contrarietà di diversi esponenti all'arresto del senatore.
Penati si autospende dal consiglio regionale lombardo
Insomma, i democratici cercano i "franchi tiratori" e intanto provano a evitare scivoloni anche sull'altra vicenda che in questo momento agita la segreteria: l'inchiesta sull'area Falck di Sesto San Giovanni che vede indagato l'ex presidente della provincia di Milano, Filippo Penati, uomo molto vicino a Bersani che continua a difenderlo. Lui, ex sindaco di Sesto e attuale vicepresidente del Consiglio regionale, ha deciso intanto di autosospendersi dall'incarico con una lettera inviata al governatore lombardo, Roberto Formigoni, e al presidente del Consiglio regionale, Davide Boni, in cui ribadisce la sua totale estraneità. «Per profondo rispetto dell'istituzione nella quale sono stato eletto e per evitare ogni imbarazzo al Consiglio mi autosospendo dall'esercizio e dalle prerogative di vicepresidente, certo che tutto verrà completamente chiarito e confido a breve».
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