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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2011 alle ore 14:19.

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Non gli erano proprio piaciuti gli editoriali del Corriere della sera e del Fatto quotidiano che avevano criticato l'eccessiva arrendevolezza del Pd sulla questione morale dopo le inchieste che hanno travolto Penati, Tedesco e Pronzato. Ma a farlo andare su tutte le furie è stato quel titolo sbattuto oggi in prima pagina da Il Giornale. «Diversamente ladri». Senza contare che nemmeno Libero è andato giù leggero. «Il Pd impone il pizzo anche ai lottizzati. Regione per Regione, il tariffario del partito per dare posti pubblici e iscritti e amici». Così Pierluigi Bersani ha convocato in tutta fretta una conferenza stampa per difendere ancora una volta il partito dalle critiche. «Lo dico alle macchine del fango che iniziano a girare: se sperano di intimorirci si sbagliano di grosso». Al punto che in serata parte il contrattacco con due querele a Libero e a Il Giornale.

La lettera di stamane al Fatto quotidiano e la minaccia di querele
Ma il Bersani che si presenta ai cronisti in conferenza stampa è un fiume in piena, desideroso di rispondere alle accuse dopo che già stamattina aveva preso carta e penna per rispondere al Fatto e alle accuse di possibili "triangolazioni" tra lui, Penati e l'imprenditore Marcellino Gavio, evocate dal giornalista Marco Travaglio. «Le critiche le accettiamo - sottolinea Bersani - le aggressioni no, le calunnie no, il fango no. Da oggi iniziano a partire le querele e le richieste di danni. Sto facendo studiare la possibilità di fare una class action» da parte di tutti gli iscritti al Pd.

Sul caso Tedesco sono stati commessi degli errori
Certo il segretario non nega errori. A cominciare dalla vicenda di Alberto Tedesco, l'ex assessore pugliese indagato in un'inchiesta su presunti illeciti nella gestione della sanità regionale e pressato dal partito affinché si dimetta, ma che non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro. «Credo che in questa vicenda ci siano stati degli errori». Il numero uno dei democratici premette che all'epoca lui non aveva «nessuna responsabilità, anche se questa cosa viene attribuita a me». Ma aggiunge di «accettare la domanda lo stesso» a nome del partito. «In questa vicenda ci sono stati degli errori - chiarisce ancora il segretario - però venga riconosciuta una cosa: noi siamo andati alla Camera e al Senato a chiedere l'arresto» di Papa e Tedesco. «Questa cosa non può passare in cavalleria. Siamo stati coerenti. Lo si riconosca».

Vicende ci turbano ma non ci faranno chiudere la bocca
Eppure i giornali, anche quelli d'area, hanno attaccato il partito e sollecitato una presa di distanza chiara rispetto alle inchieste che coinvolgono alcuni esponenti democratici. Bersani però è convinto di aver fatto il massimo. «Queste vicende turbano ma non ci faranno chiudere la bocca assolutamente», spiega il segretario. Per poi tornare a rivendicare quella diversità «politica» di cui aveva parlato ieri nella lettera al Corriere della sera. «Non abbiamo differenze genetiche, antropologiche o cromosomiche - ammette - i partiti possono non essere al riparo ma devono dire al paese come vogliono comportarsi, noi lo diciamo e lo chiediamo anche agli altri».

Penati ha fatto un passo significativo
Poi Bersani accetta di rispondere a qualche domanda sul caso di Filippo Penati, l'amico ed ex braccio destro indagato per corruzione e concussione dalla procura di Monza: «Ha fatto un passo significativo - riconosce il leader del Pd - e questo vale per chiunque rappresenti una funzione, come i sindaci, lo abbiamo fatto da Del Bono in poi, io riconosco la correttezza di aver fatto un passo indietro ma rimane anche la presunzione di innocenza. Mi piacerebbe lo facessero anche altri visto che questi problemi non riguardano solo noi».

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