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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2011 alle ore 08:25.
L'ultima modifica è del 27 luglio 2011 alle ore 06:49.

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Vista dall'Italia, la battaglia tra il Congresso americano e il presidente Obama sull'innalzamento del tetto al debito pubblico sembra assurda. Per legge la capacità del Governo americano di indebitarsi è limitata da un tetto numerico deciso dal Congresso. Periodicamente il Congresso lo innalza. Storicamente si trattava poco più di una formalità.

Oggi i repubblicani, che hanno la maggioranza nella Camera dei rappresentanti, stanno usando questa norma per costringere il presidente Obama a ridurre l'enorme deficit federale (11% del Pil). Il Presidente non vuole cedere al ricatto per non perdere la faccia. Senza l'innalzamento del tetto, il Governo americano sarà costretto a dichiarare l'insolvenza.
Al livello del fabbisogno statale corrente il tetto sul debito verrà raggiunto il due di agosto. Cosa succederà dopo quel giorno? Come tutte le imprese in crisi di liquidità il Governo americano cercherà di ritardare i pagamenti che può ritardare e anticipare gli incassi che può anticipare. Il Governo ha dichiarato che potrà tener fede ai pagamenti almeno fino al 10 di agosto. Se dice il 10 probabilmente significa che può tirare avanti fino al 20, ma non molto di più. Poi dovrà smettere di pagare i dipendenti pubblici, le pensioni, infine anche gli interessi sul debito, e dichiarare l'insolvenza.

Si tratta di un gioco molto pericoloso. La tanto preziosa AAA sul debito americano è già a rischio. Anche se l'accordo verrà raggiunto (come probabilimente sarà), queste tensioni indeboliscono l'immagine degli Stati Uniti come paese fiscalmente responsabile e potrebbero causare una riduzione del rating. Le agenzie di rating ammettono già che sarebbe più facile per gli Stati Uniti mantenere la tripla A se la legge sul tetto al debito venisse abolita. Un declassamento del debito comporterebbe un aumento dei costi di indebitamento, con un ulteriore peggioramento del deficit di bilancio.

Se poi l'accordo non venisse raggiunto in tempo per evitare l'insolvenza, i danni potrebbero essere enormi. Oggi il debito pubblico americano è usato come la garanzia più sicura in tutte le transazioni finanziarie in dollari. In caso di insolvenza, il debito americano perderebbe questa caratteristica, diventando meno appetibile. Il conseguente aumento dei costi di indebitamento è difficilmente stimabile, ma sicuramente molto elevato.
Perchè allora i repubblicani si assumono questo rischio? Sono trascinati in questa battaglia dai componenti del cosiddetto Tea Party, i quali interpretano il sentimento popolare. In un recente sondaggio condotto dalla Chicago Booth e la Kellogg School risulta che il 37% degli Americani è contraria all'innalzamento del tetto sul debito, contro un 17% a favore, mentre un 46% non sa. Sorprendentemente questa posizione non cambia quando agli intervistati vengono ricordati i pesanti tagli che il governo sarà costretto a fare in assenza di un accordo. Non si tratta quindi di una scelta inconsapevole. È una scelta cosciente che riflette la rabbia popolare contro una spesa pubblica giudicata eccessiva.

Per quanto molto rischioso, questo gioco sta avendo i suoi frutti. Voci di spesa ingiustificate (come i 6 miliardi di dollari all'anno in sussidi alla produzione di etanolo) un tempo giudicati intoccabili, oggi sono discussi e (speriamo) tagliati. Sembra un po' assurdo che lo stesso Congresso che ha approvato questa spesa, oggi la voglia tagliare. Ma è meno assurdo se capiamo quali sono i giochi della politica. Se si discute sull'eliminazione del sussidio all'etanolo, tutti i deputati degli stati agricoli si sentono in dovere di votare contro. Non vogliono perdere il supporto (anche finanziario) della lobby agricola. Questa è la ragione per cui è pressochè impossibile tagliare spese individuali. In presenza di un limite complessivo, però, l'opzione di non tagliare viene rimossa: la scelta è solo dove tagliare. Quella che era una lotta tra le lobby e il contribuente per spendere di meno, si trasforma in una competizione tra lobby su dove tagliare. In questa competizione il contribuente è più tutelato. Il vincolo di bilancio è fastidioso, ma migliora l'efficienza delle scelte.

Paradossalmente la situazione in cui si trova l'America non è così diversa da quella italiana. Per gli americani il limite è autoimposto, per l'Italia il limite viene dettato dal mercato. Quest'agosto entrambi giocano con il fuoco: o tagliano le spese o rischiano il fallimento.

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