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Questo articolo è stato pubblicato il 30 luglio 2011 alle ore 10:22.

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Barack Obama (Epa)Barack Obama (Epa)

Quasi tutti i senatori repubblicani non voteranno il piano presentato dal partito democratico per alzare il tetto del debito Usa: 43 dei 47 senatori repubblicani lo hanno annunciato in una lettera. La decisione potrebbe vanificare la possibilità che la proposta possa proseguire il suo iter al Congresso. I democratici hanno bisogno di almeno sette voti dei repubblicani per far approvare il testo, nel voto previsto a tarda notte (le 07:00 domani mattina in Italia).

di Marco Valsania
Sul debito americano scatta l'ultimo tentativo di trovare un soluzione negoziale e disinnescare la "bomba" di un default degli Stati Uniti. La Camera ha approvato una proposta repubblicana per alzare il tetto sul debito, ma il Senato, a maggioranza democratica, l'ha immediatamente bocciata. E proprio al Senato nel fine settimana, in un clima di alta tensione, comincerà adesso l'ultimo e forse decisivo round di trattative.

Protagonisti cruciali della crisi diventano il senatore democratico Harry Reid e il suo collega repubblicano Mitch McConnell, dai quali la Casa Bianca di Barack Obama non ha fatto mistero, con un ulteriore appello nella notte tra sabato e domanica, di aspettarsi un compromesso entro martedì 2 agosto, data del rischio default.

Al weekend cruciale si è arrivati dopo l'approvazione ieri sera della proposta dello speaker della Camera John Boehner da parte dei deputati. Una ribellione di esponenti ultraconservatori e vicini ai Teat Party, che aveva bloccato un voto la notte prima, è rientrata grazie a un irrigidimento ulteriore del piano: Boehner ha inserito quale condizione dell'innnalzamento del debito in due tempi, oggi e il prossimo febbraio o marzo, oltre a tagli di spesa il varo di un emendamento costituzionale per il pareggio del bilancio federale.

Nonostante questo, la maggioranza è stata risicata: 218 voti contro 210, con 22 repubblicani disertori e nessun democratico a favore. I democratici, infatti, già contrari all'ipotesi di due voti congressuali a distanza di pochi mesi sul rialzo del tetto, si sono da sempre opposti all'inserimento nella Costituzione di un obbligo al pareggio dei conti pubblici. Un'idea invisa anche alla maggior parte degli economisti e a repubblicani moderati, perché legherebbe le mani al governo anche in fasi di recessione. Due ore dopo il voto della Camera, avvenuto alle sei di sera ora americana, il Senato ha cosi' liquidato rapidamente la proposta Boehner, con un voto di 59 contro 41.

La coppia di voti contrapposti ha inaugurato una fase delicata. Reid, il leader democratico al Senato, ha messo a punto un proprio piano, sostenuto dai democratici, che alzerebe il tetto del debito di 2.400. Secondo indiscrezioni, ha rivisto il suo progetto per prevedere che il tetto possa essere alzato in due momenti, ma senza le condizioni poste da Boehner (che avrebbe alzato il tetto di 900 miliardi subito, in cambio di 917 miliardi di tagli di spesa, e di altri 1.600 miliardi l'anno prossimo davanti a tagli per altri 1.800 miliardi e all'emendamento sul pareggio di bilancio). La proposta di Reid prevede anche circa 2.400 miliardi di riduzioni di spesa in dieci anni, sui quali però i repubblicani sono parsi scettici. Un primo voto procedurale è al momento programmato per l'una di questa notte, con altri voti tra lunedì e martedì.

Gli occhi sono tutti puntati sulla possibilità o mano di nuove trattative, perché da soli i democratici non avrebbero il sostegno neppure per passare una proposta al Senato, dove per portare una legislazione in aula occorrono 60 voti su cento. McConnell ha rifiutato finora negoziati, accusando i democratici di ostruzionismo e sostenendo la proposta Boehner. Resta da vedere cosa farà adesso che questa è stata archiviata. E altri senatori repubblicani moderati, quali Olympia Snowe e Scott Brown, hanno indicato di essere disponibili a colloqui e compromessi. L'esponente democratico di New York Charles Schumer ha invitato apertamente McConnell a "impegnarsi" per un'intesa. Sul tappeto ci sono in particolare discussioni su meccanismi per garantire riduzioni di spesa che accontentino i repubblicani.

Il conto alla rovescia tuttavia incalza, con soli quattro giorni alla scadenza data dal Tesoro stesso per un rischio di default. Tesoro e Federal Reserve hanno incontrato nelle ultime ore le banche per preparativi d'emergenza, in caso di mancato compromesso. Le agenzie di rating, infatti, hanno minacciato un immediato declassamento del debito americano senza un accordo che alzi il tetto del debito, ora fermo a 14.300 miliardi di dollari. Anche i mercati appaiono nervosi: l'oro, bene rifugio per eccellenza, ha raggiunto nuovi record, mentre le Borse hanno chiuso una settimana di ribassi davanti all'impasse a Washington. L'economia statunitense, oltretutto, ha dimostrato di essere più fragile del previsto e quindi potenzialmente più vulnerabile a nuovi shock: è cresciuta soltanto dell'1,3% nel secondo trimestre e dello 0,4% nei primi tre mesi dell'anno.

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