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Questo articolo è stato pubblicato il 31 luglio 2011 alle ore 14:17.

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New York - Con un'improvvisa girandola di telefonate, dichiarazioni e incontri, la possibilità di un accordo che eviti il default degli Stati Uniti ha compiuto importanti passi avanti. La Casa Bianca e i repubblicani, nelle ultime ore, hanno riaperto serrate trattative ed espresso, per la prima volta da giorni, ottimismo su un loro rapido esito.

«Stiamo negoziando tra persone serie, che vogliono evitare una crisi», ha detto lo speaker repubblicano della Camera John Boehner. Il leader conservatore al Senato, Mitch McConnell, si è a sua volta detto fiducioso e ha assicurato che gli Stati Uniti non dichiareranno un default. I due leader si sono definiti "fully engaged", pienamente impegnati, nella caccia a un'intesa.

McConnell, soprattutto, è al centro delle redivive trattative per i repubblicani, mentre è il vicepresidente Joe Biden l'uomo di punta per la Casa Bianca e i democratici: solo ieri pomeriggio i due, che si conoscono da tempo per i trascorsi di Biden alla Camera Alta, hanno parlato cinque volte.

A dar credito al rilancio negoziale è arrivata anche la decisione del leader democratico del Senato Harry Reid di rinviare a oggi pomeriggio un voto inizialmente previsto per sabato notte su di un proprio piano sul debito. L'obiettivo, ha detto, è quello di dare spazio alle nuove chance di compromesso. Un netto cambio di tono rispetto alle recenti procedure parlamentari: nelle ore precedenti si erano susseguiti voti contrapposti che avevano aggravato l'impasse e moltiplicato le polemiche. La Camera aveva approvato un progetto tutto repubblicano solo per vederlo bocciato dal Senato; il Senato aveva visto la Camera respingere preventivamente il piano tutto democratico di Reid.

I contorni di un potenziale accordo sono incerti e il negoziato può ancora arenarsi o fallire. Ma è emerso che un compromesso conterebbe già su alcuni pilastri: potrebbe alzare il tetto del debito in due fasi (subito di mille miliardi) in cambio di tagli di spesa a loro volta miliardari, molti dei quali verrebbero delineati da una speciale commissione parlamentare. Se il Congresso non agisse sulla spesa, per garantire il rispetto dei target scatterebbero tagli automatici, anche a pensioni e sanità.

Il timore di un default, che minaccia di scuotere mercati e economia e provocare un declassamento del rating del Paese, negli ultimi giorni ha spinto il Tesoro ad avviare preparativi d'emergenza. La strategia approntata punta a gestire al meglio le scarse risorse dopo che martedi' 2 agosto, senza un innalzamento del tetto ormai raggiunto di 14.300 miliardi, potrebbe venir meno l'autorità del Tesoro di continuare a indebitarsi per far fronte agli obblighi di pagamento. Forse i fondi a disposizione basterebbero per un'altra settimana, ma poi si imporrebbe la scelta di chi pagare e chi no. Priorità avrebbero i detentori di obbligazioni. Altri esborsi, dai fornitori ai salari dei dipendenti pubblici, dalle pensioni agli stipendi dei soldati in guerra, sarebbero messe in gioco. Ancora ieri il Tesoro ha tenuto riunioni interne sul da farsi dopo che venerdì aveva incontrato le banche assieme alla Federal Reserve, che si impegnerebbe a garantire quantomeno liquidità al sistema finanziario in caso di elevate tensioni. Proprio le banche hanno lanciato ripetuti appelli a un accordo, citando il nervosismo dei mercati: la Borsa, in particolare, ha archiviato la settimana più negativa da un anno a questa parte davanti alle preoccupazioni per un mancato compromesso. L'economia, inoltre, appare fragile e vulnerabile a shock quali quello sul debito, che potrebbero farla precipitare nuovamente in recessione: e' cresciuta soltanto dell'1,3 per cento nel secondo trimestre e dello 0,4 per cento nei primi tre mesi dell'anno.

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