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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2011 alle ore 08:22.
L'ultima modifica è del 03 agosto 2011 alle ore 06:44.

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A mercati aperti, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi prenderà oggi la parola prima alla Camera e poi al Senato. Le sue sono, formalmente, solo delle "comunicazioni" sulla gravissima crisi in cui si dibatte l'Italia. Non è previsto un dibattito, e alle parole del premier seguiranno brevi interventi dei rappresentanti dei partiti mentre per domani è in calendario l'incontro con le parti sociali (le quali si confronteranno anche con l'opposizione).

È del tutto evidente l'altezza della posta in gioco. In una manciata di ore nell'arco di due giorni (sempre a mercati aperti, non scordiamolo) un Paese fondatore dell'Europa e titolare del terzo debito pubblico del mondo può ritrovare la forza per la rialzare la testa o può finire al tappeto, con ciò aprendo una finestra con vista sul baratro della stessa moneta unica europea.

Credibilità cercasi. I margini di manovra sono terribilmente stretti e le parole devono essere calibrate al millimetro. È importante che il capo del Governo abbia deciso di informare il Parlamento. Ma è fondamentale che, sotto questo profilo, la partita non finisca qui. Berlusconi dovrebbe prendere formale impegno a ritornare in Parlamento a stretto giro di posta, dopo gli incontri con le parti sociali, per un confronto serrato anche con l'opposizione.

Si verificherà così a che punto è arrivato, o non è arrivato, il metodo della "coesione nazionale" sollecitata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che tutti, almeno a parole, dicono di voler continuare a seguire.

I mercati, il debito pubblico, l'ormai famoso spread tra i BTp italiani e i Bund tedeschi, la stessa crisi che attanaglia l'intera Europa non vanno in ferie. Ci aspettano giornate complicate, e il Governo è chiamato a dare risposte convincenti, fattuali e non di maniera, tipo il richiamo sempreverde a qualche opera cantierabile qua o là. Ma anche il Parlamento deve fare fino in fondo la sua parte. I partiti e i politici lamentano l'arrembante ripresa dell'"antipolitica"? Bene, facciano il mestiere che compete loro nelle sedi deputate ed evitino di chiudere per un mese e più Camera e Senato. Questione di decoro istituzionale in un momento tra i più gravi della storia recente italiana.

I margini di manovra, dicevamo, sono strettissimi e resi semmai ancora più impervi a motivo della deflagrazione del "caso Milanese" che ha coinvolto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. La manovra lampo da 48 miliardi non è stata giudicata sufficiente dai mercati, e a poco servono le formali rassicurazioni fornite ancora ieri dalla Commissione europea e dall'Ocse. Un problema-credibilità, insomma, esiste ed è sotto gli occhi di tutti. Bisogna fare un passo in avanti per proteggere il Paese ed evitare che ci venga appuntato sopra il cartello "in vendita". Il Governo può anticipare con un decreto le misure previste per gli anni a venire, nel 2013 e nel 2014.

Inoltre, a conferma che l'Italia è decisa a invertire rotta, si può mettere mano subito al progetto per inserire il vincolo del pareggio di bilancio (fissato per il 2014) nella Costituzione. Si tratta di una soluzione "alla tedesca" già prevista dal Governo del Documento di economia e finanza presentato nei mesi scorsi. È vero che occorre una doppia lettura parlamentare ma è anche un dato che tutte le forze politiche si sono dette praticamente d'accordo sul principio del pareggio di bilancio. In Parlamento (è il caso della proposta del senatore Nicola Rossi) è già pronto un testo bipartisan: perché non bruciare i tempi iniziando subito l'esame del progetto per tradurlo in legge nell'arco del minore tempo possibile?

Ma non si tratta solo di tenere sotto controllo i conti pubblici. La crescita, richiamata ancora ieri dal presidente Napolitano, non è una scelta opzionale ma obbligata. Questo giornale, all'indomani del varo della manovra (insufficiente) da 48 miliardi, ha posto all'attenzione dell'opinione pubblica, del Parlamento e delle forze sociali nove punti programmatici sui quali è stata registrata un'ampia condivisione. Avevamo scritto che «l'economia italiana deve assolutamente evitare il rischio dell'avvitamento della crisi con l'aumento dei tassi d'interesse per finanziare i titoli del debito pubblico» e che «rigore e crescita sono un binomio inscindibile per impedire che l'Italia finisca in questo circolo vizioso».

I fatti, duri come pietre, ci hanno dato ragione. E la coppia "rigore e crescita" resta un impegno da tradurre in misure concrete e non in promesse futuribili. Nel Manifesto lanciato dal Sole 24 Ore ci sono spunti che possono essere ripresi subito. Come una riduzione della tassazione sul lavoro che tagli l'Irap con una rimodulazione dell'Iva: una mossa non complicata che avrebbe il pregio di rilanciare la competitività.
Il sentiero è stretto, e i mercati (aperti) attendono. Tra oggi e domani ci giochiamo una bella fetta di futuro.

guido.gentili@ilsole24ore.com
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