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Questo articolo è stato pubblicato il 05 agosto 2011 alle ore 08:07.

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Le parti sociali: basta scappatoie. Nella foto da sinistra il presidente di Confcooperative, Luigi Marino, il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, il presidente di Cna, Ivan Malavasi, il segretario della Uil, Luigi Angeletti, il presidente dell'Abi, Giuseppe Mussari, il segretario della Cigl, Susanna Camusso ed Il segretario dell'Ugl, Giovanni Centrella, nel corso della conferenza stampa dopo il vertice del Governo con le parti sociali per cercare in concertazione misure anticrisi (Ansa)Le parti sociali: basta scappatoie. Nella foto da sinistra il presidente di Confcooperative, Luigi Marino, il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, il presidente di Cna, Ivan Malavasi, il segretario della Uil, Luigi Angeletti, il presidente dell'Abi, Giuseppe Mussari, il segretario della Cigl, Susanna Camusso ed Il segretario dell'Ugl, Giovanni Centrella, nel corso della conferenza stampa dopo il vertice del Governo con le parti sociali per cercare in concertazione misure anticrisi (Ansa)

Quasi tre ore di incontro a Palazzo Chigi, con le parti sociali che hanno presentato al governo un documento di cinque punti e Silvio Berlusconi che ha annunciato un patto complessivo entro settembre su stabilità, crescita e coesione sociale, condividendone sostanzialmente i contenuti.
Ma il crollo delle borse europee, la sospensione degli indici a piazza Affari nel pomeriggio, la richiesta della Bce all'Italia di anticipare il risanamento e varare le riforme strutturali hanno drammatizzato rapidamente la situazione. Troppo lontano settembre di fronte a questo scenario negativo che non si arresta. E le parti sociali, dalla Confindustria, all'Abi, alle coop, ai sindacati, alzano il pressing al governo. «Ci aspettiamo di essere convocati, ci aspettiamo riunioni già nei prossimi giorni per varare provvedimenti», ha detto la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, dopo gli incontri di ieri, governo in mattinata, poi le opposizioni.

Per ora segnali non ci sono, anche se si ipotizza un consiglio dei ministri per l'11 (ufficialmente smentito). Da parte loro, le parti sociali hanno già deciso che si rivedranno la prossima settimana, lunedì o martedì, per aggiungere dettagli operativi al documento presentato a Palazzo Chigi. «Non è il momento di andare in vacanza - ha insistito la Marcegaglia - non ci si può più fermare alle dichiarazioni o cercare scappatoie: siamo in una situazione di urgenza e straordinarietà, l'abbiamo detto con grande chiarezza».
Sono le premesse che si leggono nel documento che le 18 sigle (quelle che la settimana hanno lanciato l'appello su discontinuità e crescita) hanno presentato al tavolo di Palazzo Chigi (ieri al tavolo erano 36), e che hanno sottolineato in un comunicato congiunto finale. Berlusconi aveva accanto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e una folta delegazione di ministri, tra cui Giulio Tremonti, Economia, Maurizio Sacconi, Welfare, Paolo Romani, Sviluppo, Renato Brunetta, Pubblica amministrazione. Primo a parlare, il presidente del Consiglio, che ha ribadito la credibilità del Paese, ha rassicurato sul fatto che la situazione non peggiorerà, riconfermato l'impegno ad un dialogo costante con le parti sociali «con cui c'è una concordia mai vista in 18 anni», lanciando il patto sulla crescita, stabilità e coesione entro settembre (ma non ha resistito a tirare in ballo intercettazioni e giustizia).

E c'è una sostanziale omogeneità tra i punti presentati dalla Marcegaglia, che ha avuto il ruolo di portavoce, e quelli alla fine sintetizzati in un breve testo dall'esecutivo. Per le 18 parti sociali primo punto del testo è il pareggio di bilancio al 2014, da inserire nella Costituzione; al secondo i costi della politica: non c'è bisogno di una commissione, i tagli vanno fatti subito. Così come abolire le province e accorpare i comuni; andare avanti con privatizzazioni e liberalizzazioni, dismettere il patrimonio pubblico.
E ancora: sbloccare gli investimenti, utilizzare i fondi europei, modificare il titolo V della Costituzione per evitare la frammentazione delle decisioni e sovrapposizione di competenze; semplificazioni e Pa, aumentando la produttività degli uffici ed evitando l'oppressione fiscale.
Nel testo finale del governo sono otto i temi dell'agenda del confronto con le parti sociali, con l'affermazione che il confronto proseguirà «senza soluzione di continuità»: pareggio di bilancio e libertà economica nella Costituzione; riforma dell'assistenza e del fisco, lotta all'evasione; modernizzazione delle relazioni industriali e mercato del lavoro, finanza e reti d'impresa, con attenzione all'internazionalizzazione; accelerazione opere pubbliche, energetiche e di tlc; privatizzazioni, a partire dai servizi pubblici locali, e liberalizzazioni; costi della politica e burocrazia; fondi strutturali Ue e Sud.

Per Tremonti, che ha parlato dopo Berlusconi, il pareggio di bilancio è fondamentale per la credibilità del Paese, ammettendo comunque che si possa fare di più per la crescita «anche se non si ottiene per decreto», e ha aggiunto di voler andare avanti sulla riforma fiscale. Dopo di lui Sacconi ha proposto strumenti straordinari per gli ammortizzatori sociali e di lavorare ad un documento comune (c'è stato anche un botta e risposta con la numero uno della Cgil, Susanna Camusso sullo Statuto dei lavori, che il ministro sostiene).
Finito a Palazzo Chigi, le parti sociali hanno attraversato la strada per andare all'incontro con i leader di partito e i capigruppo delle opposizioni: Pd, Udc, Idv. Fli e Api. Stesso documento, stessi problemi. Tutti hanno apprezzato l'iniziativa delle 18 sigle, in sintonia con il documento, disponibili a lavorare ad agosto. Ora si aspettano i fatti.

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