Chi vince e chi perde tra realtà e apparenze

Fabrizio Forquet Quando si tratta di fare sacrifici perché si è con le spalle al muro, c'è sempre qualcuno che ci rimette più degli altri. Anche questa volta sarà così, malgrado l'invito del capo dello Stato al Governo ad applicare il massimo di equità negli interventi necessari. Tra le certezze c'è il contributo di solidarietà che scatta oltre i 90mila euro e ci sono i tagli agli Enti locali. Salta invece, quasi del tutto, l'intervento sulle pensioni. Ci potrebbero essere, però, i tagli sul sistema assistenziale. Le proteste, da parte di chi si sente penalizzato, sono già partite. La Cgil, per prima, ha annunciato possibili scioperi. Ma lo scongiurato intervento sulle pensioni dovrebbero moderarne i malumori.

Pagherà certamente chi ha redditi sopra i 90mila e, di più, chi supera i 150mila euro. Difficile, del resto, sottrarsi al principio di giustizia per il quale chi ha di più deve contribuire di più. Ma è davvero chi ha di più ad essere colpito dall'addizionale di «solidarietà»? Discutibile. Perché il provvedimento, così concepito, in realtà si applica a chi dichiara di più al fisco, e non a chi ha davvero di più. In questo senso un prelievo sui grandi patrimoni poteva forse essere più efficace nel raggiungere la ricchezza vera. Di certo chi già paga una quota rilevante del proprio reddito in tasse ne pagherà ancora di più, chi evade resterà felicemente esente dal prestare la propria «solidarietà».

La Lega e i sindacati, poi, potranno (se le ipotesi saranno confermate) incassare lo stop sulle pensioni. Ma anche in questo caso, la realtà non è sempre quella che appare. Saranno davvero i «poveri» pensionati a beneficiare della retromarcia del governo? O non piuttosto una ristretta platea di cinquantenni che avrà difeso ancora una volta la possibilità di andare in pensione a 60 anni, per poi magari fare un lavoro a nero, condannando i più giovani a contribuire pesantemente alle proprie pensioni?
Dubbi legittimi nel paese di Pirandello.

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