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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2011 alle ore 10:40.
L'ultima modifica è del 23 agosto 2011 alle ore 10:40.

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I grandi assenti nel rimbalzo di ieri? Le banche. Quelle società che, come ha commentato un importante broker americano, sono «un po' il Ground Zero dei mercati». Certo: la rimonta di ieri, che ha visto la risalita di vari titoli industriali, potrebbe essere il classico fuoco di paglia. In un mercato altamente volatile le notizie in arrivo dalla Libia hanno fatto da catalizzatore: settori, quali per esempio il petrolifero, hanno corso per tutta la giornata. Nelle prossime sedute potrà capirsi se è stato solo un opportunistico travaso di liquidità su azioni troppo "schiacciate"; oppure, se gli investitori hanno optato per una strategia di più lungo periodo. Un 'ipotesi quest'ultima che, a dire il vero, fa a pugni con l'allarme sui titoli ciclici lanciato da molti esperti solo la settimana scorsa. Al di là del dubbio sulla natura del rimbalzo(ino), certo è che il mondo delle banche non ha voluto parteciparvi. Così, in Europa l'Eurostoxx bancario ha ceduto lo 0,64 per cento; mentre negli Stati Uniti diversi istituti finanziari hanno chiuso sotto la parità. Tra questi, JpMorgan e Bank of America. A dire il vero le due aziende, secondo il Wall Street Journal, hanno sofferto lo stallo imposto dal governo federale sulla transazione per la nota causa sui mutui subprime da 25 miliardi di dollari. La singola notizia, tuttavia, non dà ragione del calo generalizzato di ieri. Tanto che, per molti investitori, il male borsitico delle banche è la persistente paura sul fronte del funding. Un esempio? Arriva da Royal bank of Scotland. La società, proprio ieri, ha lasciato sul parterre oltre il 5 per cento. L'istituto di credito è entrato nel mirino dei venditori dopo che si è diffusa la notizia di possibili problemi di liquidità. Già, la liquidità. Un "fantasma" che da tempo si aggira per l'Europa e agita il sonno degli investitori. Quel sonno turbato anche da una nota di Fitch. L'agenzia di rating ha reso noto che i top mutual-fund statunitensi, in luglio, hanno ridotto i loro investimenti sugli asset finanziari emessi dalle banche europee. Un taglio che ha portato l'esposizione dei fondi sui livelli più bassi dal 2008 a oggi. In un simile scenario non stupisce più di tanto il sell-off sul comparto. Con un'eccezione, per una volta, italiana: alcuni istituti popolari che, zitti zitti, hanno risalito la china fin dall'inizio di questo caldo agosto borsistico. La speranza è di non trovarsi, anche in questo caso, di fronte all'ennesimo effetto ottico.

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