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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2011 alle ore 15:04.

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Naoto Kan, primo ministro giapponese si dimette (Epa)Naoto Kan, primo ministro giapponese si dimette (Epa)

TOKYO - Il primo ministro giapponese Naoto Kan si è dimesso oggi da presidente del Partito Democratico. Domani inizierà una campagna elettorale-lampo che si concluderà già lunedì mattina con la scelta (da parte dei membri che fanno parte del parlamento) del nuovo leader del partito detentore della maggioranza alla Camera bassa, che diventerà quindi automaticamente premier all'inizio di settimana prossima quando il Governo si dimetterà.

Sarà il sesto premier in sei anni, anzi cinque se di considerà che l'ultimo premier nipponico longevo (ben cinque anni, non senza però una convocazione di elezioni anticipate a mezza via) passò la mano all'inizio del settembre 2006.

Kan aveva promesso già nel giugno scorso di farsi da parte non appena il Parlamento avesse approvato due leggi importanti, una per l'autorizzazione all'emissione di bond a copertura del deficit e una per la promozione delle energie alternative. Oggi entrambi i provvedimenti sono passati e Kan ha mantenuto il suo impegno, preso controvoglia solo perché già due mesi fa una mozione di sfiducia dell'opposizione richiava di incontrare il consenso di non pochi esponenti del partito di maggioranza, delusi dal calo di popolarità del premier.

Kan ha ribadito nel suo discorso d'addio che si impegnerà ancora per costruire una società che non sia dipendente dall'energia atomica: in un gesto simbolico, domani si recherà a Fukushima per il suo ultimo viaggio da premier.

Ancora una volta, sono state le convulsioni interne al partito a provocare un avvicendamento nella leadership del Governo: il Partito Democratico, arrivato al potere dopo aver vinto le elezioni nell'estate 2009, era partito con grandi velleità di cambiamento dopo aver interrotto il quasi ininterrotto monopolio del Governo tenuto per mezzo secolo dal Partito Liberaldemocratico. Ma in meno di due anni ha già bruciato due leader (Yukio Hatoyama e Naoto Kan), e per tutti gli esperti di politica giapponese sarà difficile che il prossimo premier arrivi alla fine della legislatura (prevista nel 2013), tanto più che già si parla - anche ai vertici dello schieramento - dell'opportunità che il prossimo premier sciolga in anticipo la Camera bassa. L'ipotesi di una "Grande Coalizione" resta poco realistica e il nuovo esecutivo avrà ancora da affrontarela difficotà strutturale rappresentata dalla divisione dei due rami del Parlamento (controllati da maggioranze opposte).

Domani pomeriggio ci sarà alle 14, al Nippon Press Club di Tokyo, un dibattito pubblico tra i candidati, che dopo il ritiro di alcuni outsider sembrano rimasti in cinque. Il ministro delle Finanze Yoshihiko Noda appariva come il favorito fino all'altro ieri, quando è sceso in campo l'ex ministro degli esteri Seiji Maehara. Ma le chanches di Maehara sono diminuite dopo che la corrente più potente del partito, guidata dall'ex leader Ichiro Ozawa, lo ha snobbato e, secondo le indiscrezioni, sarebbe pronta a sostenere il ministro dell'economia, commercio e industria Banri Kaieda. Non è detto l'ultima parola, perché nel complesso gioco politico si sono inseriti altri due personaggi, l'ex ministrodei trasporti Sumio Mabuchi e il ministro dell'agricoltura Michihiko Kano.

In un Paese colpito da terremoto e tsunami e con una crisi nucleare ancora in corso, di fatto la scelta del nuovo premier sarà il risultato della vittoria o della sconfitta degli schieramenti pro o contro Ozawa (l'ex leader oggi sospeso dal partito per guai giduiziari legati a finanziamenti elettorali), in una logica intrapartitica che stride con il momento delicato che vive il Paese. Il declassamento effettuato due giorni fa da Moody's del debito sovrano ha lanciato un ennesimo campanello di allarme sullo stato delle finanze pubbliche, ma anche il candidato apparentemente più orientato ad affrontare i problemi del debito - Noda - si mostra riluttante ad aumentare l'imposta sui consumi (un tema nell'aria da anni), in una fase in cui l'economia è ancora convalescente dai traumi post-terremoto. Un dato economico considerato relativamente positivo è arrivato proprio oggi: l'indice "core" dei prezzi al consumo è salito dello 0,1% a luglio, contrariamente alle attese. Si tratta del primo aumento da 31 mesi. Ma appare per lo più generato del rincaro della benzina, mentre nella prima parte di agosto le prime risultanze sembrano confermare che il paese è ancora lontano dall'aver superato il problema della deflazione.

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