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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2011 alle ore 17:26.

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Gasdotto Nord Stream (Afp)Gasdotto Nord Stream (Afp)

Per qualche tempo era sembrato che la distensione tra russi e ucraini li avrebbe resi superflui: e invece Nord Stream e South Stream, i due gasdotti destinati a rifornire di gas direttamente l'Europa schivando il transito ucraino, in qualche modo sono ripartiti insieme. Il primo in senso letterale: alla stazione di compressione di Portovaja, vicino a Vyborg sul Golfo di Finlandia, Vladimir Putin ha "schiacciato il bottone" dando il via all'immissione di gas tecnico nei tubi per metterli in pressione, sotto gli occhi di Gerhard Schröder, l'ex cancelliere tedesco che presiede il consorzio settentrionale.

South Stream è più indietro nei tempi, si prevede che entri in funzione nel 2015. Ma dopo mesi e mesi di discussioni sulla composizione del consorzio nato russo-italiano al 50%, e dopo l'incontro di lunedì a Mosca tra Paolo Scaroni di Eni e Aleksej Miller, amministratore delegato di Gazprom, quest'ultimo ha annunciato l'ingresso in South Stream di francesi e tedeschi.

Électricité de France e Wintershall (filiale di Basf) acquisiranno una partecipazione del 15% ciascuno, e sarà Eni a cedere quote passando al 20 per cento. L'accordo, ha detto Miller da Vyborg, verrà firmato il 16 settembre prossimo a un Forum di investitori a Soci: sulle sponde di quel Mar Nero che il gasdotto attraverserà. Verrà ad alimentare l'Europa meridionale, trasportando fino a 63 miliardi di metri cubi lungo 3.600 chilometri, passando attraverso i Balcani.

Dal Baltico invece Nord Stream approderà in Germania, fornendo a partire da ottobre «un volume di gas paragonabile all'energia prodotta da 11 centrali nucleari», stando a Putin. Mentre parlava, il primo ministro russo stava indubbiamente pensando a come ridimensionare quell'80% di gas russo venduto all'Europa passando dai gasdotti di Kiev: Perché proprio in questi giorni l'Ucraina ha riaperto il capitolo prezzi, contestando quelli fissati da Mosca per le proprie forniture. Un'ennesima guerra del gas è tutt'altro da escludere.

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