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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2011 alle ore 14:59.

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Nessuno, tranne la mia segreteria, a conoscenza delle dazioni
Le dazioni, chiarisce ancora il Cavaliere, sono tutte ricostruibili. «Tali somme - aggiunge Berlusconi - sono tratte dai miei conti correnti personali, prelevate dai miei ragionieri e sono documentabili in ogni momento. Dalle consegne a Lavitola per le necessità di Tarantini e della sua famiglia nessun altro ne era a conoscenza, se non in alcune occasioni la mia segreteria. Verso la primavera di quest'anno Lavitola in un incontro a Roma mi disse che Tarantini avrebbe voluto tornare a fare l'imprenditore avviando una nuova attività e che aveva necessità di un finanziamento iniziale. In quel periodo ebbi modo di incontrare Tarantini con sua moglie alla presenza di Lavitola. Tale incontro avvenne, dopo innumerevoli richieste da parte loro, mi pare a Arcore. In quella occasione Lavitola e Tarantini mi ribadirono quanto anticipatomi da Lavitola stesso.

A Lavitola più tranche, somme tratte dai miei conti correnti
È sempre Lavitola, ricorda Berlusconi, a insistere per far arrivare i soldi a Tarantini. «Successivamente Lavitola in due incontri avvenuti a Palazzo Grazioli in Roma ebbe ad insistere su tale necessità di Tarantini. Ritenni di accedere a tale richiesta e dissi a Lavitola che ero disponibile a erogare ciò che mi era stato chiesto. Lavitola mi disse che avrebbe depositato lui direttamente i fondi presso una banca in Sudamerica dove erano già depositati i suoi fondi personali e che avrebbe preferito ricevere la somma da me in contanti. Gli ho consegnato tale somma in molteplici tranche dalla primavera di quest'anno fino a prima dell'inizio dell'estate, personalmente, sempre in Roma. Non sono in grado di ricordare il numero delle tranche. Ho tratto le somme dai miei conti correnti. Le somme mi sono state fornite dai miei ragionieri».

Legali perplessi per soldi a Tarantini
Nell'ultima parte del memoriale il premier si sofferma sui fatti successivi alla consegna del denaro. «Non ricordo esattamente il periodo - scrive Berlusconi - ma lo collocherei tra il giugno e il luglio di quest'anno. Mi incontrai ad Arcore con l'avvocato Ghedini e con l'avvocato Perroni per discutere questioni relative ai procedimento in corso a Milano. Nel corso della conversazione comunicai a Perroni, che era anche difensore di Tarantini e che mi aveva riferito del fallimento della società dello stesso, che avevo messo a disposizione del suo assistito una somma di denaro perché potesse avviare una nuova attività imprenditoriale. Perroni manifestò stupore per la notizia dicendo di non saperne assolutamente nulla e prospettando a suo dire la inopportunità di tale decisione. Anche Ghedini si stupì e manifestò la propria perplessità: io ribadii che si trattava di una somma per me contenuta che destinavo volentieri a una persona in difficoltà che manifestava l'intenzione di volersi riscattare con un nuovo impegno imprenditoriale. Ghedini suggerì a Perroni di verificare se la somma era poi stata resa effettivamente disponibile per Tarantini poichè dove così non fosse stato sarebbe stato a suo parere preferibile annullare l'operazione».

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