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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2011 alle ore 21:20.
L'ultima modifica è del 21 settembre 2011 alle ore 11:36.

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Silvio Berlusconi è salito al Quirinale per un colloquio con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Oltre un'ora di confronto nel corso del quale il presidente della Repubblica ha ribadito al Cavaliere la sua preoccupazione per la situazione economica del Paese, nel giorno in cui Standard & Poor's ha declassato sette banche italiane. Davanti ai timori di Napolitano, Berlusconi ha però espresso la ferma volontà di andare avanti, sicuro dei numeri in Parlamento e convinto di poter varare tutte le iniziative anti-crisi, che peraltro il capo dello Stato è tornato a sollecitare anche durante il faccia a faccia con il Cavaliere.

Sbloccata la nomina di Saccomanni per la guida di Bankitalia
Al centro del colloquio al Colle, poi, la successione a Mario Draghi a Bankitalia: il nuovo governatore sarà Fabrizio Saccomanni, attuale Dg. Il confronto tra Berlusconi e Napolitano è così servito a sbloccare l'impasse sul dopo-Draghi e ad avviare le complesse procedure per l'avvicendamento a Via Nazionale. In serata il Cavaliere ha quindi convocato una riunione a Palazzo Grazioli con capigruppo, vice capigruppo e vertici del Pdl per mettere a punto le prossime mosse, a partire dal voto su Marco Milanese, in programma domani alla Camera.

Berlusconi ai suoi: non mi dimetterò. Bossi: Governo avanti? Penso di sì
Insomma, Berlusconi non ha alcuna intenzione di dimettersi. Lo ha confermato a chi lo ha sentito oggi («non mi dimetterò mai, se vogliono mi sfiducino in Parlamento») e lo ha detto anche a Umberto Bossi, ricevuto oggi a sorpresa a Palazzo Grazioli (dove è arrivato anche Fedele Confalonieri), dopo esser stato rassicurato dal Senatur sul fatto che la Lega voterà contro l'arresto di Milanese. Proprio il Senatur ha commentato in serata l'incontro con il Cavaliere («è andato bene», ha detto ai cronisti) e ha quindi rassicurato sulla tenuta dell'esecutivo uscendo dalla riunione del Carroccio sul caso dell'ex braccio destro di Tremonti. «Il governo va avanti e si fanno le riforme? Penso di sì - ha replicato Bossi -. Non so cosa sia andato a fare Berlusconi dal presidente Napolitano». Quindi la domanda-trabocchetto dei giornalisti. «Il 2013 è ancora troppo lontano come data di scadenza del governo? Sì, ma non te lo dico».

Bersani: premier abbia sussulto e lasci. Ira del Pdl contro Di Pietro
Intanto l'opposizione è tornata a invocare le dimissioni del Cavaliere. L'ha fatto Pierluigi Bersani, segretario del Pd. «Serve un sussulto di dignità e spererei che Berlusconi si dimetta oggi, prima del voto su Milanese». E anche il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, ha sollecitato un passo indietro, ma le sue parole («prima che ci scappi il morto, mandiamo a casa questo governo») hanno provocato le ire del Pdl che ha risposto a tono con il portavoce Daniele Capezzone. «Di Pietro è un incendiario irresponsabile, il Pd rompa con l'Idv o è come lui». Poi è arrivata anche la bacchettata di Fabrizio Cicchitto. «A Di Pietro vorrei dire che le parole sono pietre. Con le parole di Di Pietro e il popolo viola che invita al lancio delle monetine siamo ormai sul terreno dell'irresponsabilitá più pura».

La secessione aizza il Carroccio contro il Quirinale
Oggi, poi, la secessione ha acceso nuovamente lo scontro tra la Lega e il Quirinale con il capogruppo del Carroccio, Marco Reguzzoni, che stamane è tornato ad attaccare Giorgio Napolitano: «Il popolo sovrano conta più di lui». Da Reguzzoni è poi arrivato un parziale dietrofront («Napolitano è una figura autorevolissima, non credo di essere stato offensivo»), ma la sua sortita ha provocato l'immediata reazione dell'opposizione. Per Enrico Letta(Pd) «è un attacco grave e inaccettabile», mentre l'Idv ha accusato Reguzzoni, prima con Felice Belisario e poi con Leoluca Orlando, «di non conoscere la Costituzione» e ha parlato «di vilipendio contro il capo dello Stato». E in serata anche Bossi ha commentato con i cronisti. «Ognuno deve fare le sue cose. Se salirò al Colle? Credo che andrò a trovarlo. A me è simpatico questo presidente, anche quando ci attacca. Ognuno la può pensare come vuole».

Napolitano preoccupato per la tenuta della maggioranza
A impensierire Napolitano non sono però tanto le sortite secessioniste di Umberto Bossi - al quale peraltro ieri il Colle ha riservato una scontata tirata d'orecchie: «Chi invoca la secessione è fuori dalla storia» - quanto il progressivo sgretolamento della maggioranza, battuta ieri a ripetizione alla Camera. I vertici del Pdl, ricevuti ieri al Quirinale, hanno derubricato la battuta d'arresto a Montecitorio a semplice sciatteria dei deputati (troppe le assenze tra i banchi del Pdl e dell'esecutivo, è stata la risposta consegnata a Napolitano), ma il presidente della Repubblica ha chiesto ai capigruppo come intendono far fronte ai prossimi appuntamenti dell'agenda parlamentare. Preoccupazioni espresse da Napolitano anche al leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, e al segretario dei democratici, Pierluigi Bersani. Da qui la decisione del Cavaliere di salire oggi al Quirinale e rassicurare Napolitano sulla tenuta della maggioranza in Parlamento e sulle prossime per il rilancio dell'economia.

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