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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2011 alle ore 08:06.
L'ultima modifica è del 04 ottobre 2011 alle ore 07:41.

Dopo il successo nella raccolta delle firme per il referendum e le parole del capo dello Stato sui difetti dell'attuale sistema di voto sembra che si siano create le condizioni per una riforma della deprecata legge Calderoli. Ma è bene non farsi facili illusioni. Tra tutte le riforme quella elettorale è la più difficile perché tocca troppi interessi vitali del ceto politico.

Soprattutto è difficile cambiare la legge elettorale in maniera condivisa in una fase in cui il sistema dei partiti è fortemente instabile. Il punto di partenza per ragionare su qualunque riforma è sempre lo status quo. A chi giova mantenere l'attuale sistema di voto? Certamente al Pdl. Fino a quando Berlusconi resterà dell'idea che il bipolarismo gli conviene, per lui non esiste sistema migliore di questo. Anche il collegio uninominale che i referendari vorrebbero reintrodurre con la resurrezione della vecchia legge Mattarella assicura una competizione bipolare, ma il collegio non piace al Cavaliere. L'esperienza ha dimostrato che una parte dei suoi elettori si rifiuta di votare i candidati comuni della sua coalizione e questo lo danneggia. Meglio un maggioritario di lista. Ogni elettore vota il partito preferito e quel voto si trasferisce automaticamente alla coalizione. È un sistema che minimizza le defezioni elettorali e massimizza la raccolta di voti di lista per l'assegnazione del premio di maggioranza. Gli elettori leghisti non devono votare candidati pidiellini e viceversa. E tutti votano la coalizione.

Il problema di questo sistema di voto sono le liste bloccate. Naturalmente anche questo elemento piace molto a Berlusconi. In fondo scegliersi gli eletti non è cosa da poco. Ed è uno dei motivi della solidità della sua maggioranza parlamentare anche in questi tempi difficili. Ma oggi è diventato uno strumento indifendibile. Tant'è che nel centrodestra si parla ormai apertamente di voto di preferenza. Per il Pdl pare che questa sia l'unica riforma da fare. Come se il problema di un Senato in cui 17 premi regionali rendono l'esito del voto una sorta di lotteria non esistesse. Per non parlare di altri difetti dell'attuale legge.

Insomma al Cavaliere conviene il mantenimento dello status quo con l'aggiunta del voto di preferenza. E alla Lega? Il Carroccio è in alto mare. A sentire Maroni sembrerebbe che i collegi uninominali potrebbero anche andare bene. Questo è curioso. Quanti collegi potrebbe conquistare la Lega correndo da sola alle prossime elezioni? Nel 1996 andò bene. Ma non è detto che la storia si ripeta. È vero che il Carroccio ha un voto territorialmente concentrato e quindi potrebbe vincere seggi anche da sola, a differenza per esempio dell'Idv o di Sel, ma il rischio di non essere competitivo è elevato. Nel caso peggiore potrebbe addirittura sparire dal Parlamento. L'alternativa meno rischiosa è l'alleanza con il Pdl, cioè mettersi d'accordo su candidati comuni e spartizione dei collegi. Rispetto all'attuale sistema di voto sarebbe però un passo indietro. In molti collegi i leghisti dovrebbero votare i candidati del Pdl. Fino a quando Bossi deciderà che l'alleanza con Berlusconi è nell'interesse della Lega il mantenimento dello status quo è anche per lui la soluzione migliore. Dopo si vedrà. Potrebbe andare bene anche un sistema proporzionale.

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