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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2011 alle ore 10:18.

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Il primo ministro in carica, David Cameron e il suo ultimo predecessore di fede Tory, John Major, hanno speso lo scorso week end tracciando il futuro dell'Eurozona e della Gran Bretagna in seno all'Unione europea.
Un combinato disposto "made in England" declinato da Financial Times e Bbc che va letto in filigrana, incrociando il destino prossimo venturo dell'Unione con l'equivoco incedere britannico nell'edificio comune. David Cameron, per due volte in una settimana, ha messo in guardia i partner. «Non c'è più tempo, è questione di settimane. Bisogna imbracciare il grande bazooka per salvare la valuta comune», ha detto in sostanza a Ft. Ovvero fa esplodere un gran botto per salvare l'Unione e salvare anche Londra abbarbicata a una costruzione monetaria da cui dipende quasi quanto chi ne è partecipe. Nessuna passione britannica per un euro che sbanda, ma piena consapevolezza che dall'euro dipende, in buona misura, l'equilibrio finanziario globale. Parole simile a quelle del presidente americano Barack Obama con l'aggiunta di un decalogo per i partner che il quotidiano riassume in tre passaggi: gestione immediata della crisi greca con uno swap del debito in bond di lunga durata garantito dall'Eurozona; blocco del contagio per evitare che arrivi anche all'Italia ponendo a leva i fondi dell'Efsf alzando una cinta di protezione da migliaia di miliardi; aumenti di capitale delle banche da effettuare in parallelo alla gestione del rischio sovrano, se stress test credibili lo renderanno necessario. Il catalogo è questo. E non solo, perché il "grande bazooka" di Cameron dovrebbe avere, ma è opinione dell'Ft, i connotati di un'azione a più livelli non ultima quella sull'opinione pubblica tedesca, poco avvertita delle conseguenze di un euro a pezzi.

In realtà il messaggio tende a incepparsi anche nel Regno dove la partita con l'Eurozona ha sempre il sapore di un duello irrisolto. Il risultato è che oggi da Dover alle Highlands l'euroscetticismo tocca vertici mai visti prima. Eurosfiducia dilagante e, forse, non potrebbe essere diversamente. La conseguenza è lo scenario che John Major - fu lui, da premier, a negoziare la clausola dell' opt out britannico dalla divisa comune a Maastricht - ha illustrato alla Bbc. Oggi immagina che il salvataggio dell'euro porterà a un'unione fiscale e quindi politica deliberata all'interno dell'Eurozona, ma propedeutica a una successiva revisione dei Trattati. «In quell'occasione - ha chiosato - Londra dovrà riprendere sovranità su aree specifiche: dalla pesca alle politiche sul lavoro». Probabilmente molto di più. La sensazione di una divaricazione crescente con l'Unione è ogni giorno più palese, la coincidenza, forse casuale, della sortita Cameron-Major ha ora acceso un faro sul possibile cammino. Prima l'Eurozona gestisce l'emergenza, poi Londra s'allontanerà ulteriormente da una costruzione comune da cui si sente sempre più aliena. È probabile? Certamente possibile e le conseguenze imprevedibili. L'unione fiscale rappresenta, infatti, un "altro mondo" nelle dinamiche comunitarie e porta in sé il rischio che Londra possa ritrovarsi molto "più sovrana" di quanto oggi osi immaginare e forse sperare.

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