Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2011 alle ore 14:48.

My24

Mentre ad Atene soffia sempre più forte il vento di un default controllato pari al 50% del valore facciale dei bond ellenici (ipotesi sostenuta questa mattina anche dal primo Nobel dell'economia cipriota di lingua greca, Christopher Pissarides) il premier greco George Papandreou in calo di consensi in patria per le manovre di austerità, è oggi a Bruxelles per una serie di incontri dedicati a definire il secondo pacchetto di aiuti alla Grecia, in vista del vertice (rinviato all'ultimo momento) europeo del 23 ottobre.

Questa mattina il capo del governo di Atene ha incontrato il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e questa sera, riferiscono fonti Ue, lo rivedrà in un incontro allargato al presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker.

Intanto, il premier lussemburghese ha visto nel Granducato il commissario europeo agli Affari economici e monetari Olli Rehn e alle 15,30 sarà a Bruxelles per un colloquio con Van Rompuy. Fra i vari contatti sulla crisi greca è da registrare anche una telefonata che ci sarà in giornata tra Papandreou ed il presidente della Commissione europea, Jose Manuel Durao Barroso.

I mercati sono terrorizzati dall'eventualità di uno shock globale causato da un'insolvenza della Grecia che ha un debito di 353 miliardi di euro (483 miliardi di dollari), cinque volte le dimensioni del debito dell'Argentina che nel default disordinato del 2001 era pari a "soli" 95 miliardi di dollari.

Un recente studio di Nomura Securities prevede che in caso di haircut dell'80%, le banche dell'eurozona perderebbero 63 miliardi di euro, con le istituzioni tedesche e francesi in perdita di 9 e 16 miliardi di euro rispettivamente. La Bce dovrebbe invece fronteggiare perdite di 75 miliardi di euro su bond greci acquistati o accettati come collaterale.

Ecco perché Papandreou è ottimista: salvare Atene significa salvare le banche francesi e tedesche in primis che nessuno ha obbligato a comprare i bond greci. Lo hanno fatto, Dexia ne è un esempio, perché era conveniente seppure rischioso. Ora Barroso ha detto chiaramente che le banche in difficoltà verranno salvate ma in cambio dovranno venir meno dividendi e bonus.

Barroso infatti ha precisato che la prima opzione é utilizzare capitali privati»; solo «se necessario» i governi nazionali potranno fornire sostegno. «Se questo sostegno non può essere garantito - ha detto Barroso - la ricapitalizzazione dovrà essere assicurata attraverso prestiti concessi dall'Efsf». In questo caso però le banche dovrebbero sospendere la distribuzione di dividendi e la concessione di bonus. Una posizione che non trova consensi tra il mondo bancario.

Non a caso il numero uno di Deutsche bank, Josef Ackermann, si é opposto fermamente al piano di ricapitalizzazione delle banche europee, proposto dal presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso. «Mi sembra dubbio che un incremento del livello dei fondi propri per le banche sia una misura appropriata per riassorbire la crisi del debito pubblico», ha detto Ackermann. «Il dibattito attuale sulla ricapitalizzazione è controproduttivo» anche perché «i mezzi necessari alla ricapitalizzazione non verranno dagli investitori privati, ma alla fine spetterà agli stati mettere i soldi, cosa che non farà che aggravare la crisi del debito».

Posizioni che non tengono conto del modello svedese, il salvataggio delle banche secondo la ricetta di Stoccolma, che negli anni 90 salvò due banche nazionalizzandole e rimttendole sul mercato dopo averle risanate e con un guadagno per le casse dell'erario. Ipotesi ricordata ieri sul Financial Times da Anders Borg e Carl Bildt rispettivamente ministero delle Finanze e degli Esteri svedesi.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi