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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2011 alle ore 15:13.

Una prima risposta dovrebbe arrivare rapidamente. Ed è senz'altro la più delicata tra tutti i dossier che affollano il tavolo di Silvio Berlusconi. Lo stesso premier, salito al Colle in mattinata per la cerimonia dei Cavalieri del lavoro, si è affrettato infatti a fare sapere che domani invierà al Consiglio superiore di Bankitalia la missiva con la proposta per il nuovo governatore. Un annuncio che ha spiazzato perfino i maggiorenti del Pdl. Visto che, stando a quanto ha registrato il Sole24ore.com, nemmeno Fabrizio Cicchitto e Angelino Alfano, capogruppo e segretario del Pdl, impegnati entrambi alla Camera erano a conoscenza dell'accelerazione impressa dal presidente del Consiglio alla nomina del successore di Draghi.
L'accelerazione del premier sul dossier Bankitalia
L'improvviso cambio di passo è quindi scaturito, con molta probabilità, dal colloquio che il premier ha avuto con il capo dello Stato prima della consegna delle onorificenze ai nuovi Cavalieri. Napolitano segue infatti con estrema attenzione la partita sulla nuova guida di Palazzo Koch. E, pur non esprimendo mai alcuna preferenza, ha spesso ricordato nelle ultime settimane l'esigenza di salvalguardare «l'autonomia e il prestigio» di Via Nazionale. Che di certo sarebbero condizionate negativamente da una designazione troppo marchiata politicamente. Il ruolino di marcia indicato dal Cavaliere potrebbe far pensare alla possibile promozione dell'attuale Dg di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni, ma nelle ultime ore sono salite moltissimo le quotazioni di Lorenzo Bini Smaghi, membro italiano della Bce e ieri incluso nel novero dei papabili dallo stesso Cavaliere.
Le risposte sollecitate dalle imprese nel decreto sviluppo
Se dunque la partita attorno a Palazzo Koch sembra destinata a una rapida conclusione, restano invece inevase altre risposte che lo stesso Napolitano, come pure le imprese, continuano a chiedere a gran voce al Cavaliere. A cominciare dal decreto sviluppo, croce e delizia di questo squarcio di legislatura. Il premier si affanna a ribadire - ed è tornato a farlo anche oggi - che le risorse non ci sono e che dunque il provvedimento, come peraltro vorrebbe il ministro Giulio Tremonti, non potrà che essere a costo zero. Ma per gli imprenditori un decreto senza fondi è una inutile scatola vuota che certo non garantirà la necessaria scossa all'economia. Confindustria, Abi, Ania, Alleanza cooperative e Rete Imprese Italia, hanno provato a scuotere anche ieri l'esecutivo con un nuovo ultimatum, ma il Cavaliere è con le spalle al muro. «Non c'è la possibilità di immettere fondi importanti». Come dire: difficile che il Dl si trasformi in quel volano dell'economia che tutti invocano.
I nodi interni: i mal di pancia di Scajola e il patto con Bossi
Anche perché, sul provvedimento, non si misura solo la tenuta dell'asse tra il Cavaliere e gli imprenditori, che ormai traballa paurosamente. Il Dl sviluppo è infatti anche un test importante per misurare la capacità del premier di dare risposte convincenti anche alla maggioranza e al suo partito, in primis a quei malpancisti (leggi Scajola&co) che vorrebbero, di pari passo con un ridimensionamento dello strapotere di Tremonti, una significativa correzione di rotta nella strategia economica del Governo. Tanto da aver messo nero su bianco una serie di proposte da giorni sulla scrivania del premier. Che ha però le mani legate. Il patto di ferro con Umberto Bossi chiude infatti la strada a quelle riforme strutturali (su tutte il riassetto delle pensioni) che sono in cima alle richieste delle imprese e di Napolitano. E lo costringe a raschiare il fondo alla ricerca di misure una tantum, come il concordato fiscale tornato in auge nelle ultime ore, che non incontrano però il gradimento dell'Europa.
La promessa a Sarkozy sul rispetto degli equilibri in seno alla Bce
Dove, va detto, resta in sospeso anche un altro match, strettamente legato al nodo di Bankitalia. Insieme al nuovo governatore, infatti, il Cavaliere deve dare seguito anche alla promessa, fatta al presidente francese Nicholas Sarkozy, che l'Italia libererà il prima possibile la poltrona diBini Smaghi in seno alla Bce per consentire l'ingresso di un membro transalpino. Se sarà Saccomanni a occupare la poltrona di Draghi, per il Cavaliere si aprirà infatti una nuova grana: trovare un degno approdo a Bini Smaghi e convincerlo così ad abbandonare il board di Francoforte. Sempre che non sia proprio Bini Smaghi il futuro inquilino di Palazzo Koch.
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