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Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2011 alle ore 08:24.
L'ultima modifica è del 28 ottobre 2011 alle ore 09:16.

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La lettera di Berlusconi all'Europa è ormai diventata la protagonista del dibattito politico interno. Cos'è in sostanza quel documento? Secondo Alfano, segretario del Pdl, «rappresenta un vero e proprio programma di governo di qui al 2013». Ad avviso di Casini, viceversa, si tratta di un mero «manifesto elettorale», la prova che il premier e la sua maggioranza si preparano alle elezioni anticipate molto prima della scadenza della legislatura. E nel centrosinistra la missiva è considerata solo fumo negli occhi, una truffa o un'astuzia senza la minima probabilità di essere trasformata in iniziative legislative coerenti.

Comunque sia, è la prima volta che l'Europa, con le sue esigenze di serietà e rigore, diventa un argomento cruciale nello scontro politico domestico. È un passo avanti, perché significa allontanarsi dal tradizionale provincialismo nostrano. Semmai la legislatura dovesse proseguire fino al 2013, come ufficialmente auspica il Pdl, vorrà dire che una maggioranza logorata e distratta è riuscita a risorgere e a mettere in pratica gli impegni promessi all'Unione. Il che significa, tra l'altro, superare l'opposizione furente dei sindacati e garantire un certo grado di pace sociale. Scenario per la verità abbastanza improbabile.

Prova ne sia che l'appello del premier alle opposizioni, affinché sostengano il testo (con i suoi «temi seri e tempi certi») ha l'aria di essere la tipica astuzia per dimostrare – e in effetti non ci vuole molto – la scarsa affidabilità del centrosinistra sulle questioni richiamate prima dal documento-ultimatum della Banca centrale, in agosto, e ora riprese dalla lettera all'Unione. In altre parole: con un salto mortale il presidente del Consiglio prova a rientrare in qualche sintonia con i ceti delusi e incerti che per anni lo hanno sostenuto e oggi sono sconcertati. Come se Berlusconi avesse compreso che l'Europa, da cui stava per essere schiacciato, può diventare per lui uno strumento imprevedibile utile a risalire la china. A patto di essere lesti di riflessi e spregiudicati.

Se invece la lettera fosse, appunto, solo un «manifesto elettorale», avremo presto il voto anticipato e il sipario calato su di una legislatura inconcludente: un modo come un altro per non misurarsi con la realtà dei problemi. L'ipotesi è plausibile. Ma le elezioni in quel caso si svolgerebbero mettendo al centro il legame fra Italia ed Europa. Il partito o lo schieramento più credibile su questo terreno, il più capace di sfuggire alle trappole del populismo, il più veloce a definire una seria proposta, avrebbe ottime carte per giocare un ruolo di primo piano nella prossima legislatura.

Senza dimenticare che la Commissione europea si prepara a "monitorare" passo dopo passo l'agenda del governo italiano: come, quando e in che termini i provvedimenti passeranno al vaglio del Parlamento. «Sarà un controllo molto intrusivo, senza precedenti nell'Unione» dice Emma Bonino, ex commissaria europea. Quindi i «tempi certi» di cui parla Berlusconi saranno verificati da Bruxelles in forme che non dovrebbero consentire i soliti giochi di palazzo a Roma. E anche questo è un argomento a favore delle elezioni a breve. Mentre non sembra che esistano margini per «governi tecnici» di sorta che piacciono ad alcuni «dissidenti» del Pdl. Ma troppo pochi e troppo indeterminati nelle loro strategie.

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