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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2011 alle ore 13:10.
L'ultima modifica è del 04 novembre 2011 alle ore 22:22.

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13,30 «Lo sottoporremo al test della realtà». Ad affermarlo, in un'intervista a Le Monde è il direttore generale dell'Fmi, Christine Lagarde, rispondendo a chi chiede se il Fondo riuscirà a dare credibilitá all'Italia del premier Silvio Berlusconi. «È l'Italia che ha chiesto la nostra expertise. Il suo presidente del Consiglio non voleva un programma classico del Fondo», ricorda Lagarde. Il premier italiano, prosegue, «ci ha detto: mi sono impegnato a realizzare degli sforzi e all'entrata in vigore di riforme ma i mercati non mi credono. Chiedo che un terzo indipendente dimostri la veridicità di quello che prometto».

CANNES - Un altro film. Dove non c'è spazio per allarmismo o preoccupazioni. Dove tutto fila liscio in una visione edulcorata e rassicurante della realtà. In questo film il Fondo monetario non è l'istituzione finanziaria che conosciamo con le sue regole ma una società di «certificazione» che non deve «monitorare» ma solo prendere atto dei progressi delle riforme, gli attacchi ai titoli italiani sono «una moda passeggera», la crisi è un'invenzione dei giornali perché i ristoranti sono pieni e chi si è impoverito lo è solo per effetto del cambio «irragionevole» lira/euro.

Un film dove il Governo ha una maggioranza solida in Parlamento che approverà in poco tempo tutte le riforme chieste dall'Europa, dove l'Italia può permettersi di rifiutare gli aiuti dell'Europa e del Fondo monetario (però mai offerti, secondo il direttore Christine Lagarde) e non vi è alcun «problema di credibilità» del Governo ma semmai «un antico pregiudizio contro tutti gli italiani».

Regista di questo film, neanche a dirlo, il premier Silvio Berlusconi, reduce, nella realtà, da una notte di trattative serrate concluse con la resa italiana alle pressioni del presidente americano Barack Obama, del presidente francese Sarkozy e del cancelliere tedesco Merkel per accettare il monitoraggio del Fondo monetario. Una resa concordata tuttavia con il Quirinale.

Nella conferenza stampa finale il presidente del Consiglio minimizza, però, la richiesta al Fondo monetario di verificare l'attuazione delle misure precisando che il suo ruolo sarà soltanto quello di «certificare l'avanzamento delle nostre riforme», non di controllare i conti pubblici. Un ruolo paragonabile a quello delle società di certificazione dei bilanci. Quindi, nessun commissariamento, nessuna «limitazione della sovranità nazionale».

Anzi, una richiesta italiana, quella al Fondo che dovrà servire, secondo Berlusconi, a responsabilizzare l'opposizione perché «votare contro le misure non significa votare contro il Governo ma votare contro l'Italia». Misure che andranno al Senato con la fiducia la settimana prossima e potranno essere approvate entro il 15 novembre. La riforma del mercato del lavoro non entrerà, invece, nell'emendamento perché «riteniamo giusto discuterne prima con le parti sociali».

Anche il ministro dell'Economia Giulio Tremonti viene in soccorso a Berlusconi precisando che «certificare vuol dire verificare il grado di attuazione delle riforme» mentre il controllo dei conti pubblici è riservato ad altre competenze cioè alla Commissione europea e all'Eurogruppo. Berlusconi sparge ottimismo, ricorda che l'Italia ha i fondamentali dell'economia forti, è il secondo Paese europeo per esportazioni, ha un sistema bancario solido, un risparmio privato molto forte con la gran parte degli italiani che ha casa di proprietà, che il debito pubblico è metà di quello francese ed è per la metà nelle mani degli italiani.

Per questi motivi «non siamo preoccupati», aggiunge. E smentisce che vi sia una forte crisi perché «l'Italia è un Paese benestante, i consumi non sono diminuiti, i ristoranti sono pieni». Il problema semmai riguarda l'introduzione dell'euro che «ha impoverito una fascia importante della popolazione italiana». Tutto colpa del cambio lira-euro al livello di 1.936 lire «da noi sempre ritenuto incongruo e penalizzante per l'Italia».

Quanto ai movimenti speculativi contro i titoli del debito che hanno colpito l'Italia dopo la Grecia, Berlusconi parla di «una moda passeggera il fatto che i mercati si avventano sui titoli del debito». Ma l'Italia onorerà comunque il suo debito, e si impegnerà per ridurlo. E, soprattutto, l'Italia non ha bisogno né di risorse del Fondo monetario internazionale né del Fondo europeo salva-Stati. Ma la smentita dal Fondo monetario è netta: nessuna offerta all'Italia.

Quanto poi al problema della credibilità, tema sollevato dallo stesso presidente francese Sarkozy l'altro ieri, il premier parla di «un antico pregiudizio che c'è nei confronti dell'Italia, per certi comportamenti del passato» come emerso anche nella vicenda Bini Smaghi alla Bce (i nostri amici francesi ci dicono les italiens, toujours les italiens)».

E su un eventuale cambio in corsa a Palazzo Chigi (sia pure con il sottosegretario Gianni Letta) Berlusconi esclude un Governo di larghe intese e confessa che a Cannes «mi sono guardato intorno e ho pensato che non vedo personalità in Italia in grado di rappresentare degnamente il nostro Paese se non ci fossi io».

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