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Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2011 alle ore 08:10.

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Olli Rehn (Afp)Olli Rehn (Afp)

2) Pacchetto lavoro(di Davide Colombo)
Gli impegni del Governo
Negli impegni presi dal Governo (e già trascritti nel maxi-emendamento alla legge di stabilità) non c'è una riforma del diritto del lavoro capace di aprire la strada ai licenziamenti individuali o collettivi per ragioni economiche. Non c'è perché, su questo tema, prima è stato chiesto il pronunciamento delle parti sociali. Una richiesta che risale al progetto dello Statuto dei lavori presentato dal ministro Maurizio Sacconi (dove pure non si parla però di superamento dell'articolo 18 della legge 300 del 1970). Nel maxi-emendamento, che ora verrà rafforzato, ci sono altre cose: in particolare forme di incentivazione per l'occupazione dei giovani e della donne e un aumento dell'aliquota contributiva per i contratti di collaborazione a progetto.

I ritardi accumulati
In questa legislatura il Governo avrebbe potuto mettere mano da tempo a una riforma del diritto del lavoro ampia e capace di superare gli attuali assetti che garantiscono tutele asimmetriche per milioni di lavoratori dipendenti. Una delega era prevista nel «collegato lavoro», provvedimento che prevedeva una delega anche per la riforma degli ammortizzatori sociali, mai fatta a causa (è stato sempre motivato) della mancanza di risorse aggiuntive rispetto agli ammortizzatori sociali in deroga finanziati per far fronte alla recessione. La riforma che chiede l'Europa del nostro mercato del lavoro, se si legge fino in fondo la lettera del commissario Olli Rehn, sembra in realtà richiamare a un completamento delle riforme lanciate diversi anni fa (e mai completate) prima con il «pacchetto Treu» e poi con la legge Biagi. Prima che si aprisse la crisi, il presidente del Consiglio aveva indicato la possibilità di fare quel passo ulteriore indicando, come punto di partenza, i due disegni di legge presentati all'inizio della legislatura dal senatore Pietro Ichino, che prevedono una razionalizzazione vigente, comprese le norme sui licenziamenti.

3) Conti pubblici(di D. Pes.)
Gli impegni del Governo
Nella lettera d'intenti inviata a Bruxelles, il governo si dice convinto di aver «creato le condizioni» per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013, con un anno di anticipo rispetto al precedente impegno. È l'effetto cumulato delle due manovre estive, che a regime operano una correzione di 59,6 miliardi. Dal 2012 ‐ si sostiene nella lettera ‐ grazie all'avanzo primario, il debito pubblico scenderà. E dunque sarà possibile ridurre l'ingente stock del nostro passivo dal 120,6% del Pil previsto quest'anno, al 112,6% nel 2014. La certezza sulla quale si muove la convinzione del governo è che dal 2008 il nostro debito pubblico, in rapporto al Pil, è cresciuto «meno di quello di importanti paesi europei». La scommessa è riuscire a ridurre stabilmente il debito pur in presenza di tassi di crescita molto esigui: 0,7% nel 2011, 0,6% il prossimo anno, 0,9% nel 2013. Stime che gran parte delle istituzioni internazionali hanno già abbondantemente rivisto al ribasso.

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