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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2011 alle ore 16:48.

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Ora tocca a lui, senza mediazioni. Lucas Papademos, nuovo premier greco, è stato l'artefice dell'ingresso nel 2001 della Grecia nell'euro e ora è l'uomo che dovrà convincere i mercati e i suoi concittadini a restarci.
Questa la paradossale parabola di Lucas Demetrios Papademos, 64 anni, ex governatore della Banca centrale greca ed ex numero due della Bce sotto l'ex presidente Jean-Claude Trichet.

Papademos non avrà bisogno di mandare lettere, moniti e severi richiami al Governo greco per spiegare di che cosa ha bisogno il Paese. Ora l'ex governatore ha una di quelle possibilità che capitano una sola volta nella vita – nei limiti in cui i due maggiori partiti glielo consentiranno – di varare quelle riforme strutturali di cui la Grecia ha bisogno da oltre un ventennio.
Avrà cioè la possibilità di attuare quello che chiede invano da anni.

Papademos non è un ingenuo e ha sempre saputo che l'ingresso di Atene nell'euro è stato un azzardo, un tentativo di costringere la sonnacchiosa società greca, a recuperare quei ritardi secolari agganciandosi a un treno più veloce, quello di Eurolandia.

Purtroppo il vagone greco è deragliato e rischia di essere lasciato indietro. Questo è l'ultimo appello: o Atene riduce la massa di statali di almeno 150mila persone, liberalizza i servizi, combatte l'evasione o viene espulsa dall'eurozona. A Cannes i leader europei sopno stati chiari con Papandreou rompendo il tabù dell'uscita della Grecia dall'euro se non vengono rispettati i patti così faticosamente raggiunti con due vertici in quattro giorni il 26 ottobre a Bruxelles.

Atene è schiacciata da un enorme debito pubblico (è al primo posto della poco lusinghiera classifica dei più alti debiti pubblici europei in rapporto al Pil). Questo peso (da 357 miliardi di euro, pari al 165% del Pil), è il risultato di un sistema politico inefficiente, di una burocrazia ipertrofica, di una tradizione clientelare diffusa, di un sistema pensionistico troppo generoso, di un'economia senza crescita, di un'evasione fiscale senza eguali. Senza dimenticare l'economia in nero pari al 27 per cento.

Un Paese generoso e gioviale ma che ha vissuto al di sopra dei propri mezzi, arroccandosi su privilegi e corporazioni, mortificando il merito dei suoi cervelli più capaci spesso costretti alla fuga all'estero, rifiutando liberalizzazioni e le sfide della modernità.

Ora Papademos ha una grande opportunità può inverire la rotta. Il suo profilo combacia perfettamente con quello dell'esperto di economia che serve alla Grecia, ma dovrà convincere l'opinione pubblica ad accettare i duri sacrifici necessari.

Nato ad Atene, Papademos si è specializzato in economia al Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston e ha poi insegnato alla Columbia university di New York. Tornato in Grecia alla metà degli anni Ottanta, è entrato alla Banca centrale e ne è poi diventato governatore nel 1994.

Assieme al governo socialista, Papademos preparò poi l'ingresso della Grecia nell'eurozona nel 2001 e l'adozione dell'euro come moneta nel 2002. In questo stesso anno, Papademos lasciò la guida della Banca centrale di Atene e diventò vicepresidente Bce a Francoforte.
Riservato nelle sue apparizioni pubbliche, Papademos appariva in sintonia con l'allora presidente della Bce Jean-Claude Trichet nella difesa dell'autonomia della Banca centrale europea. Al termine del suo mandato nel 2010, l'economista, che non ha mai avuto affiliazioni politiche, ha rifiutato di entrare nel Governo dell'ex premier George Papandreou.

La scoperta nell'ottobre 2009 che il Governo Karamanlis aveva truccato i conti presentati a Bruxelles per l'entrata nell'euro non ha coinvolto Papademos, che rimane stimato internazionalmente ed è noto come sostenitore della limitazione del debito pubblico. Ora dovrà dimostrarlo. L'Europa non darà un prova d'appello

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