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Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2011 alle ore 09:14.
L'ultima modifica è del 09 novembre 2011 alle ore 09:15.

La credibilità è il farmaco salvavita che serve all'Italia, preda di mercati incattiviti che hanno portato lo spread a toccare la soglia dei 500 punti e il "costo" dei titoli decennali al 6,68%, tre volte più della Germania. La fiducia, che della credibilità è gemella, si conquista con la fatica degli impegni presi e rispettati, con la tenacia nel persuadere gli scettici della bontà dei propri argomenti. Rispetto alle crisi del passato l'opinione pubblica cui rendere conto, prima della nostra, è quella dell'Europa e del mondo. Cittadini, risparmiatori che ragionano e operano con i ritmi forsennati del tempo reale. Il tempo è il più grande privilegio per un Paese sotto osservazione. Non a caso non ne abbiamo. L'Europa non ce ne ha dato: restano tre giorni per chiarire date e misure per attuare i contenuti della lettera inviata al commissario Olli Rehn. È un programma con cui, di fatto, l'Italia riscrive, da capo a piedi, quel contratto sociale che 20 anni di riforme hanno solo scalfito o rivisto in modo parziale e incongruo. Le richieste dell'Europa, che oggi e domani sguinzaglia i suoi ispettori nei corridoi del palazzone di Via XX Settembre e di Palazzo Chigi, sono imperative. Esamineranno con puntiglio spietato un Paese che ha ampliato i suoi squilibri sociali e ha sprecato capitale umano; che conosce le liberalizzazioni solo come propaganda; che alimenta un sistema di welfare senza avere le risorse necessarie; che distrugge un territorio perché ha scelto di non averne cura; che prova e riprova a realizzare un elenco – sempre lo stesso – di infrastrutture mai cantierabili. Il premier dimissionario ha preso tempo; qualunque sia ora l'esito di questa ennesima transizione della politica, non va smarrita la bussola delle riforme. Servono a tutti, vanno fatte. Tatticismi di maggioranza e opposizione, traccheggiamenti, duelli personali, furbate ci porterebbero solo al default.
(a.o.)

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