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Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2011 alle ore 08:56.
L'ultima modifica è del 03 aprile 2014 alle ore 21:28.
Il titolo con cui abbiamo deciso di aprire la prima pagina del Sole 24 Ore di oggi l'ho rubato a Roberto Ciuni e a un quotidiano glorioso, il Mattino di Napoli. "FATE PRESTO per salvare chi è ancora vivo, per aiutare chi non ha più nulla" titolava così, a caratteri cubitali, tre giorni dopo il terremoto del 23 novembre dell'80 che sconvolse l'Irpinia, migliaia di morti e una terra straziata.
Le macerie di oggi sono il risparmio e il lavoro degli italiani, il titolo Italia che molti, troppi si ostinano a considerare carta straccia: un «terremoto» finanziario globale scuote le fondamenta del Paese, ne mina pesantemente la tenuta economica e civile; la credibilità perduta ci fa sprofondare in un abisso dove il differenziale dello spread BTp-Bund supera i 550 punti e i titoli pubblici biennali hanno un tasso del 7,25%.
Le parole di ieri del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sono nette: «Abbiamo bisogno di decisioni presto e nei prossimi anni per una rinnovata responsabilità e coesione nazionale». «Nuovo governo in tempi brevi o elezioni, l'Italia saprà serrare le fila». Mi ricordano, per intensità emotiva e fermezza, le parole appassionate di Sandro Pertini di ritorno dall'Irpinia nei giorni del terremoto: «Una bambina mi si è avvicinata disperata, mi si è gettata al collo e mi ha detto piangendo che aveva perduto sua madre, suo padre e i suoi fratelli». E, poi, scandendo bene: «Credetemi, il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi».
Pertini, Napolitano, passando da Luigi Einaudi a Carlo Azeglio Ciampi, solo per fare qualche esempio, il buon nome dell'Italia, dagli anni della ricostruzione e del miracolo economico fino a quelli dell'euro e anche dei giorni nostri è stato sempre garantito da uomini che hanno saputo intrecciare intelligenza tecnica, visione e capacità politica. Possiamo (e dobbiamo) attingere anche oggi a quel capitale di risorse umane per fare in modo che l'Italia recuperi in fretta la fiducia del mondo. Per fare questo, come abbiamo scritto appena qualche giorno fa, non esistono scorciatoie fai da te, si impone la scelta di un governo di emergenza nazionale dove le forze politiche più responsabili (a partire dal Pdl di Berlusconi) decidano di investire su persone che, per la loro storia e i loro comportamenti, abbiano dimostrato di conoscere la lingua dei mercati e degli Stati e abbiano, quindi, le carte in regola per negoziare alla pari nel mondo e convincere gli investitori della solidità e affidabilità dei titoli sovrani italiani.
Questa è la via maestra, e a questo punto è anche l'unica via possibile per fare uscire il Paese dalle secche di un'emergenza drammatica e restituirgli il credito e l'onore che merita. Bene il maxi emendamento, bene la mobilità nel pubblico impiego, le pensioni di vecchiaia a 67 anni e i primi segnali su liberalizzazioni e privatizzazioni, sia chiaro però che non è sufficiente: lo si approvi ovviamente nei tempi più rapidi possibili con senso di responsabilità, ma non si rinunci (per nessuna ragione al mondo) a giocare la (vera) partita del futuro. Ricordiamoci che, nel breve periodo, anche quel po' di crescita prevista per l'Italia non c'è più, così come è evidente che il nuovo, ulteriore differenziale di spread aggrava i conti di altri 3-4 miliardi. Il rischio che Europa e Fondo Monetario ci aggrediscano con la richiesta di nuovi interventi depressivi è reale anche perché risulterà problematico onorare, in queste condizioni, l'impegno del pareggio di bilancio nel 2013.
Per questo, a maggior ragione, cari deputati e cari senatori, cade sulle vostre spalle la responsabilità politica (dico politica) di garantire all'Italia un governo di emergenza guidato da uomini credibili che sappiano dare all'Italia e agli italiani la cura necessaria ma sappiano imporre anche al mondo il rispetto e la fiducia nell'Italia. Serve il vostro sostegno politico e la vostra spinta ideale perché si prendano quei provvedimenti complessi che restituiscano al Paese una prospettiva di crescita reale nell'arco di tre-cinque anni e convincano chi compra BoT (nel mondo e in Italia) che può tenere tranquillamente in portafoglio questi titoli perché saranno ripagati con gli interessi dovuti alle scadenze giuste.
Il Paese è fermo, paga il conto pesantissimo di un logoramento politico e civile che è durato troppo a lungo ed è andato al di là di ogni ragionevolezza. Le crisi finanziarie in genere, questa specifica che riguarda l'Italia in particolare, esigono un segnale forte di discontinuità che permetta di ripartire davvero. Nel '93 il problema era l'inflazione e il governo Ciampi lo affrontò - come era giusto che fosse - con un occhio rivolto all'interno. Oggi il problema è la crescita e ci vuole un occhio rivolto all'esterno. Dipende da noi, solo da noi. Ricordiamoci che siamo sul filo del rasoio. Può andare molto male, ma anche molto bene. Fate presto.
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