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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2011 alle ore 08:08.
L'ultima modifica è del 16 novembre 2011 alle ore 06:36.

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Oggi vedrà la luce il primo Governo davvero tecnico della storia della Repubblica. Da quel giovedì 10 novembre in cui il crollo dei mercati ha spinto il Sole 24 Ore a titolare "Fate presto" è passata meno di una settimana. L'obiettivo è stato centrato. Ed il merito è stato in gran parte del capo dello Stato, che con lungimiranza e autorevolezza sta portando a casa la nascita di un nuovo Esecutivo che può avere l'ambizione, con la sua credibilità, di rispondere alla crisi di fiducia dell'Italia sui mercati internazionali.

Merito di Napolitano. E merito del premier in pectore Mario Monti che ha condotto con rigore consultazioni e trattative con le forze politiche in questi giorni. Molto meno merito di queste ultime, di partiti che non hanno mollato la presa fino alla fine, con veti e condizionamenti dettati da interessi di parte non all'altezza della fase e dei rischi che il Paese sta attraversando.

Ieri è stata l'ennesima giornata difficile sui mercati. Sotto attacco c'è stato l'euro nel suo complesso, con forti tensioni sui titoli francesi, belgi, spagnoli. In Italia lo spread è tornato a 534 punti, con i tassi sui BTp decennali che hanno superato nuovamente quota 7 per cento.

Un quadro preoccupante. Di fronte al quale si è evidenziata ancora di più la lontananza dalla realtà di forze politiche impegnate in una trattativa sui nomi, senza preoccuparsi di indebolire il nascente Governo. Così solo questa mattina, al momento della lettura della lista dei ministri, si saprà se la caparbietà di Giorgio Napolitano avrà determinato l'ingresso nella squadra di Giuliano Amato e Gianni Letta. Con un premier in pectore che è stato costretto a far passare un'altra notte prima di poter annunciare la nascita del suo Esecutivo. Ciò che più conta, però, è che da stamattina il Paese avrà un nuovo Governo che potrà provare ad adottare quelle misure di cui il Paese ha bisogno.

Un Governo che dovrà saper parlare al Parlamento, per avere il necessario sostegno di forze politiche. E in questo senso sarebbe sicuramente un elemento di debolezza l'assenza di figure "politiche" in grado di confrontarsi con i gruppi parlamentari nelle aule e nelle commissioni di Camera e Senato. Ma dovrà anche saper dialogare con le forze sociali tutte, dalle imprese ai sindacati, dai lavoratori autonomi al pubblico impiego, dai professionisti ai pensionati.

Ecco la sfida più difficile che il governo Monti dovrà vincere. Costruire, nel Paese delle corporazioni, un ampio consenso su un progetto di riforma che comporterà nell'immediato sacrifici per tutti. Toccherà a lui, e solo a lui, dimostrare che oltre ai sacrifici ci sarà un dividendo sul quale poter contare. E quindi dar vita a un disegno in grado di garantire insieme equità, rigore e crescita. Solo se ci saranno questi elementi la risposta di un Paese, storicamente poco incline ad abbassare la guardia sui propri interessi di parte, potrà essere positiva.

Sarà importante partire subito con una logica complessiva di intervento. Non la patrimoniale o l'età pensionabile o il mercato del lavoro o le liberalizzazioni. Ma - il più possibile - tutte queste riforme insieme. In modo che ai sacrifici dell'uno corrispondano quelli dell'altro, nella consapevolezza generale che attraverso quei sacrifici ci si potrà davvero aspettare una ripartenza dell'Italia.

Il più possibile tutto insieme, dunque, e il più possibile tutto presto, prestissimo. Il tempo è un fattore decisivo per questo Governo. È evidente a tutti che in questa primissima fase le forze politiche non potranno che appoggiare l'azione di Monti. Ma più ci si allontanerà dall'emergenza, più il Parlamento diventerà una "mala bestia". Pochi lo ricordano, ma in Primavera nove milioni di italiani saranno chiamati al voto per una tornata di elezioni amministrativa. Ed è facile immaginare in quale fibrillazione entreranno le forze politiche alle prese con la prima campagna elettorale post-governo Berlusconi.

Fa bene Monti a darsi l'arco della legislatura per la sua azione. Non si cambia il Paese in pochi mesi (anche perché oggi l'efficacia delle riforme si misura soprattutto nella loro implementazione). Ma saranno i primi mesi, forse le prime settimane, quelli decisivi per capire l'esito della sua sfida. E i mercati non staranno a guardare.

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