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Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2011 alle ore 08:22.
L'ultima modifica è del 24 novembre 2011 alle ore 08:48.

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Ora che la questione è esplosa, non si potrà non affrontarla. Con tutta la determinazione che ci si aspetta da un Governo nuovo, estraneo agli arabeschi politici. Tuttavia non ci vuole molta immaginazione per capire che il premier ora avrebbe fatto volentieri a meno del caso Finmeccanica.

Per molte ragioni. In primo luogo, i confini della vicenda sono nebulosi. Prima di parlare di una nuova Tangentopoli ed emettere sentenze, meglio essere cauti e non fidarsi di chi potrebbe avere interesse ad avvelenare i pozzi del dibattito pubblico. Ma la prudenza nulla toglie alla gravità del problema. Che andrà affrontato in termini politici e gestionali, ben sapendo che che il tema Finmeccanica investe forse il principale snodo degli equilibri di potere nel paese, senza trascurare risvolti industriali di grande portata.

In secondo luogo, Monti non può essere distratto più di tanto dalla sfera delle questioni economiche. Come tutti sanno, il governo dei 'tecnici' ha la missione di salvare l'Italia dal fallimento. Per questo il governo chiede e ottiene dai due presidenti delle Camere una sorta di 'corsia preferenziale', in vista di far passare i provvedimenti d'emergenza. Di qui alla fine dell'anno il premier e i suoi ministri hanno bisogno di concentrarsi in modo quasi assoluto sulle misure da prendere e approvare. Chiamiamola 'manovra aggiuntiva', o come meglio ci aggrada, ma è evidente che Monti ha l'esigenza di prolungare la luna di miele con le due assemblee legislative. Per meglio dire, la luna di miele riguarda l'insieme delle forze politiche - di centrodestra e di centrosinistra - che hanno deciso di stipulare la tregua con Palazzo Chigi e, a quanto pare, dire 'sì' alle urgenze.

Tregua fragile, lo sappiamo. Legata a troppi fattori soggettivi. Come il giorno del giuramento, il punto di forza del governo rimane lo stato di necessità. I partiti non hanno alternative e continueranno a non averne ancora per qualche mese. Allo stato delle cose, 'staccare la spina' rappresenta una responsabilità troppo grande, visto che la popolarità di Monti supera nei sondaggi l'80 per cento e l'opinione pubblica in questa fase non perdonerebbe una notte dei lunghi coltelli. Ma il consenso di cui gode Monti nel 'palazzo' è generico e deve essere messo alla prova dei fatti. Non c'è alcuna certezza che resisterà alla sfida di misure severe, tali magari da suscitare l'opposizione sociale della Cgil e da restituire nuova linfa agli intransigenti di Vendola e Di Pietro, messi in imbarazzo dalla nascita del nuovo esecutivo.

La navigazione di Monti avrebbe bisogno di un placido lago per proseguire indisturbata. Ma sarebbe un chiedere troppo alla sorte. Di sicuro il caso Finmeccanica, che fa seguito alla vicenda Enav, fa pensare a un regolamento di conti che avviene nel momento in cui il nuovo governo è ancora in rodaggio. Forse si tratta solo di una coincidenza, ma è più probabile che stiamo assistendo a uno di quei tipici scossoni che avvengono nel pieno delle transizioni, quando il vecchio sistema di potere crolla e il nuovo è tutto da costruire. Comunque sia, gli effetti sono quasi sempre destabilizzanti.

Ne deriva che Mario Monti dovrà abituarsi a tenere la barra dritta nonostante i marosi. Dovrà affrettarsi sulle misure economiche, costringendo, se del caso, i partiti a venire allo scoperto con le loro riserve mentali. Al tempo stesso, non potrà mostrare debolezze o tentennamenti sulle vicende legate alla Finmeccanica perchè è su questo terreno che verrà giudicato. Quindi, bene (anzi, necessari) i contatti con il mondo politico per condividere le scelte pratiche. Ma alla fine a decidere potrà e dovrà essere solo il presidente del Consiglio con i suoi principali collaboratori. Del resto, Monti ha tutte le capacità per resistere ai ricatti diretti o indiretti delle forze partitiche. La sua forza iniziale è ancora intatta e tale resterà ancora per un po'. Ma non sarà eterna.

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