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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2011 alle ore 14:29.

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BRUXELLES - I paesi della zona euro stanno riflettendo sulla possibilità di un nuovo patto di stabilità per rafforzare la loro integrazione politica, in un momento in cui la crisi debitoria si sta rapidamente diffondendo alla Francia e alla Germania. Sempre a questo riguardo i ministri finanziari dell'Unione si riuniranno martedì e mercoledì in un Eurogruppo-Ecofin per discutere tra le altre cose di ricapitalizzazioni bancarie e crisi greca.

Secondo il quotidiano Bild, al più tardi nel vertice europeo del 9 dicembre, Berlino e Parigi vorrebbero discutere, d'intesa con il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy, un progetto di «nuovo patto di stabilità per l'euro», ancor più incisivo di quello attuale. L'intesa verrebbe firmata solo dai governi interessati, come avvenne per il trattato di Schenghen, in modo da velocizzare la sua entrata in vigore.

Secondo le prime informazioni provenienti da Berlino, e rilanciate anche dal Wall Street Journal, l'obiettivo è di dare nuovi poteri alle autorità comunitarie per rafforzare il controllo sul bilancio dei paesi membri, con un trasferimento delle sovranità nazionali dalla periferia al centro. Accordi intergovernativi eviterebbero una riforma dei Trattati, che è un processo troppo lungo da affrontare in un momento di grave crisi debitoria.

Gli attuali Trattati permettono una «cooperazione rafforzata» se almeno nove paesi sono d'accordo nel perseguire questa strada. Secondo fonti di stampa, l'idea è a uno stadio preliminare, e non è sicuro che possa andare in porto. La speranza è che nuove regole di bilancio ancor più restrittive potrebbero indurre la Banca centrale europea ad accettare di giocare un ruolo più attivo nel risolvere la crisi, acquistando debito sui mercati.

Sulla Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung, Jürgen Stark, membro del comitato esecutivo della Bce, ha spiegato che l'istituto monetario è sotto una pressione politica «enorme» perché diventi prestatore di ultima istanza. Intanto, martedì e mercoledì si terrà a Bruxelles una riunione dell'Eurogruppo e dell'Ecofin, a cui parteciperà anche il premier e ministro delle Finanze Mario Monti.

Sul fronte bancario, i ministri discuteranno della scelta controversa di garantire con fondi nazionali e su base volontaria le emissioni obbligazionarie degli istituti di credito. La decisione presa dal comitato economico e finanziario una decina di giorni sta peggiorando la situazione delle banche dei paesi in crisi - Italia in primis - perché è ritenuta poco convincente dagli investitori internazionali.

In un recente discorso a Londra, Andrea Enria, presidente dell'Autorità bancaria europea (Eba), ha sottolineato il cortocircuito tra crisi debitoria e bilanci bancari: «Il mercato primario del rifinanziamento a medio e lungo termine è pressoché congelato da fine giugno». Farlo ripartire prima di inizio 2012 è essenziale per evitare «una svendita di attività che potrebbe provocare una stretta al credito e il ritorno alla recessione».

Sul versante greco, rimane da decidere l'esborso di una sesta tranche di aiuti finanziari al paese mediterraneo. All'ultimo Ecofin di inizio mese i ministri avevano chiesto alla Grecia di confermare per iscritto l'impegno a risanare i conti e a rilanciare l'economia. Dopo lunghi tira-e-molla, la lettera del presidente del partito conservatore greco Nuova Democrazia, Antonis Samaras, è arrivata a Bruxelles nei giorni scorsi.

«La stiamo studiando e ne discuteremo all'Eurogruppo», ha detto venerdì Olivier Bailly, portavoce della Commissione. Un impegno deve essere preso anche dagli altri partiti della coalizione e dal governo nel suo insieme, guidato dall'ex vice presidente della Banca centrale europea Lucas Papademos. Non è escluso che i ministri diano il loro benestare al versamento della tranche di aiuti già nei prossimi giorni.

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