Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2011 alle ore 13:31.

My24
Un momento della protesta contro il regime di Bashar el Assad. (LaPresse)Un momento della protesta contro il regime di Bashar el Assad. (LaPresse)

Nelle ore in cui il mondo assiste alle storiche elezioni in Egitto, si commuove per i manifestanti bastonati e uccisi a piazza Tahrir, denuncia i soprusi della polizia subiti da attiviste e famose giornaliste al Cairo, più in là continua il massacro a porte chiuse. La Siria reprime indisturbata la sua primavera, infastidita dalle continue quanto poco efficaci richieste di intervento Onu, confortata dal fedele e interessato alleato a Mosca che marca a uomo qualsiasi protesta contro il regime di Bashar el Assad: Stati Uniti e Germania chiedono una nuova risoluzione Onu contro Damasco, il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov dice «basta ultimatum e sanzioni alla Siria» perché la violenza nel Paese è provocata più dall'opposizione armata che non dalle autorità, da «gruppi armati che stanno provocando disordini».

Nel caos che approfitta delle luci sul Cairo, dei summit per salvare l'euro e l'incerta ripresa americana, delle tensioni fra Mosca e Washington sui missili in Europa, della paura del nucleare iraniano, l'obiezione più irritante, inattesa, rivoluzionaria, per l'oftalmologo Assad, è quella dei 22 Paesi fratelli. Sabato i ministri degli Esteri della Lega Araba, domenica quelli delle Finanze hanno approvato sanzioni commerciali contro la Siria che oggi parla di «dichiarazione di guerra economica». Il ministro degli Esteri siriano Walid al-Muallim ribatte che le sanzioni, comprese quelle che colpiscono le transazioni con la Banca centrale siriana, i fondi di investimento arabi per i progetti da realizzare in Siria e congelano i beni del Governo, equivalgono a una «punizione» per l'intero popolo. «I Paesi arabi - aggiunge - non vogliono riconoscere che sono attive nel nostro Paese bande terroristiche che commettono crimini e uccidono le persone». Così Damasco ritira tutti i suoi asset dagli altri Paesi arabi.

L'Onu intanto prende atto che perfino in Congo il popolo può decidere da chi farsi governare pur nel sangue e nel caos ma non in Siria dove il regime di Damasco reprime la piazza che, da metà marzo, manifesta contro il Governo e per la maggiore democrazia. Il bilancio dell'intervento dell'esercito contro i manifestanti, i disertori dell'esercito e i civili ammazzati in casa è di oltre 3.500 morti, secondo le stime delle Nazioni Unite. In un documento di 40 pagine, basato sulle testimonianze dirette di 223 persone tra vittime, testimoni e disertori di diversi corpi delle forze di sicurezza, il pool istituito dal Consiglio dei diritti umani dell'Onu, ha concluso che l'esercito e le forze di sicurezza del presidente Bashar al Assad hanno commesso «gravi violazioni dei diritti umani», macchiandosi di crimini contro l'umanità nelle azioni di repressione delle manifestazioni pacifiche antigovernative. Soprattutto, le forze di Assad, secondo la Commissione di inchiesta, «hanno ucciso almeno 256 bambini».

L'ordine di «sparare e di maltrattare i civili è partito dal livello più alto delle forze di sicurezza e del Governo e non ha risparmiato neanche i bambini, vittime di torture e violenze sessuali». Il rapporto parla inoltre di «esecuzioni sommarie, arresti arbitrari e torture, incluse le violenze sessuali». Un disertore citato dal Guardian ha raccontato di aver visto un militare sparare a una bambina di due anni, dicendo di non voler vederla crescere e diventare un manifestante. La Commissione, istituita per decisione del Consiglio dei diritti umani dell'Onu, ha anche accertato che «la salute mentale di numerosi bambini è stata gravemente danneggiata da queste esperienze traumatiche». Più in generale, secondo il rapporto, «le forze di Stato hanno sparato indiscriminatamente contro manifestanti disarmati, in gran parte dei casi mirando alla parte superiore del corpo, compresa la testa. I disertori hanno raccontato di aver ricevuto l'ordine di sparare contro i manifestanti senza preavviso, anche se in alcuni casi i comandanti hanno lanciato avvertimenti prima che i militari aprissero il fuoco e in altri sono state utilizzati mezzi non letali prima di passare all'uso di proiettili veri». I responsabili di molte vittime «sono cecchini». La Commissione ha raccolto diverse testimonianze secondo cui i franchi tiratori aprivano il fuoco su chi cercava di soccorrere i feriti o raccogliere i corpi delle vittime. Disertori hanno «assistito all'uccisione di compagni che si rifiutavano di eseguire l'ordine di sparare sui civili». Torture e uccisioni «sono avvenute all'ospedale di Homs da membri delle forze di sicurezza vestiti da medici, che presumibilmente hanno agito con la complicità dei dottori».

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi