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Questo articolo è stato pubblicato il 06 dicembre 2011 alle ore 08:46.
L'ultima modifica è del 06 dicembre 2011 alle ore 08:51.

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Il Governo Monti può dare un contributo decisivo all'assorbimento della bolla sui tassi di interesse italiani ed europei non solo attraverso il rigore nei conti pubblici. L'Italia deve svolgere un ruolo di primo piano anche attraverso una decisa azione in Europa; renderà più facile all'Eba di rimediare ai suoi errori e alla Bce di essere più efficace. Altrimenti, la garanzia di Stato sui prestiti bancari rischia di non servire a nulla.

L'Europa e l'Italia hanno oggi un comune nemico da sconfiggere: il rischio illiquidità. Le dimensioni e le caratteristiche che tale rischio presenta hanno le loro origini più vicine nella infelice scelta che l'Unione europea ha fatto – oramai un anno fa – di far intrecciare la crisi dei debiti pubblici con quella dei debiti bancari. Le diverse ragioni di politica interna e internazionale che hanno spinto l'Unione ad adottare tale scelta sono le più varie, e appartengono comunque al passato.

Oggi occorre chiedersi come può fare un governo nazionale nato per ispirarsi ai principi della disciplina fiscale e monetaria per contribuire – indirettamente ma efficacemente – ad una politica europea della liquidità.

Il rischio liquidità nasce dalla incertezza sullo stato di salute delle banche europee, a causa nella presenza dei loro portafogli di titoli pubblici che da un giorno all'altro sono stati definiti tossici, in quanto di dubbia natura: a rischio zero, a rischio illiquidità o addirittura a rischio insolvenza? Il Governo ha definito un piano di intervento che ha già migliorato la percezione dei mercati sul grado di rischio dei nostri titoli. Occorrerà continuare sulla strada intrapresa con azioni di politica coerenti con la partenza di ieri e con crescente incisività.

Ma il rischio illiquidità purtroppo non aspetta: l'Unione europea deve assumersi fin dal prossimo fine settimana la responsabilità politica di definire nuove regole fiscali, aderendo alle quali ogni Paese sarà considerato solvibile.

Tale scelta politica avrebbe due effetti cruciali. Da un lato, consentirebbe subito alla autorità di vigilanza bancaria (Eba) di riparare agli errori finora fatti in tema di gestione delle regole bancarie. Dall'altro, permetterebbe immediatamente alla banca centrale europea (Bce) una gestione della liquidità più attenta alla stabilità finanziaria, mantenendosi coerente alla disciplina monetaria.

Dal punto di vista delle regole bancarie, la natura divenuta improvvisamente tossica di alcuni titoli pubblici ha spinto l'Eba ha scelte nocive per l'Europa. L'Eba ha fatto quello che mai deve accadere: cambiare le regole sotto la spinta emotiva di situazioni eccezionale. Le regole sono fatte per disciplinare la realtà, non per subirla. L'Eba ha scelto una strada che porta da un lato a modificare i coefficienti di capitali, inasprendoli, durante una fase a rischio recessione. È stato un errore madornale, che esaspera l'anticiclicità che endemicamente caratterizza tali coefficienti. Inoltre l'Eba ha deciso di cristallizzare nei bilanci bancari l'effetto tossico dei titoli pubblici, aumentando ulteriormente la percezione di rischiosità che i mercati hanno delle banche. E ora – ironia della sorte? – la stessa Eba scopre candidamente che le banche, di fronte alla difficoltà di raccolta di capitale di rischio,. stanno riducendo i crediti. Ci sarebbe da sorridere, se la situazione non fosse assai grave, anche perché l'Eba non è responsabile dei danni macroeconomici che può causare. L'Eba deve tornare sui suoi passi, e la certificazione dell'Unione sulla solvibilità fiscale dei sui membri sarebbe un potente incentivo.

Allo stesso modo, anche la Bce potrebbe avviare con decisione una politica di normalizzazione della liquidità, che finora non è stata possibile. È importante che l'assetto istituzionale della Bce non venga modificato, e che la stabilità monetaria rimanga l'obiettivo prioritario. Proprio per questo, in assenza di tensioni sia nei prezzi che nelle relative aspettative, è fondamentale che i titoli pubblici europei possano essere considerati tutti solvibili. La Bce potrebbe avviare allora una politica di stabilizzazione dei tassi, operando con libertà sia sul mercato aperto che con il rifinanziamento. Quando una banca centrale annunzia credibilmente una stabilizzazione, i mercati reagiscono immediatamente; l'ultimo esempio in ordine di tempo è la stabilizzazione del franco svizzero ottenuto dalla banca centrale di Zurigo.

Insomma, la gestione del rischio liquidità non può essere rinviata: il governo può e deve agire sia a Roma che a Bruxelles. In caso contrario, il rischio avvitamento è sempre dietro l'angolo. Senza spezzare l'equivoco sulla natura dei titoli pubblici, anche la garanzia di Stato decisa ieri dal governo Monti rischia di essere un cane che si morde la coda: malati – le banche – intossicati da un untore – lo stato italiano – sono garantiti – pagando per di più – dall'untore stesso. È credibile?

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