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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2011 alle ore 16:05.

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La Bosnia-Erzegovina, il cui cammino verso l'Ue è congelato a tempo indeterminato, punta a raggiungere il record continentale stabilito dal Belgio, come paese per più lungo tempo sprovvisto di un governo. Infatti, in seguito alle elezioni dell'ottobre 2010, nessuno è ancora riuscito a formare un esecutivo, nell'ambito dell'intricatissimo e paralizzante sistema istituzionale nato dall'alchemico tentativo di bilanciare la rappresentanza dei vari gruppi etnici del paese. Già economicamente depresso e molto diviso tra le due entità che lo compongono, la Republika Srpska e la Federazione croato-musulmana, lo Stato centrale della Bosnia-Erzegovina, ormai acefalo da più di un anno, ha difficoltà nel relazionarsi con il resto del mondo. Tutt'al più Sarajevo si limita a iniziative estemporanee, come l'ipotesi di svincolare la propria valuta (il marco convertibile) da un euro troppo fluttuante, per poi agganciarne il cambio a qualche moneta più stabile. Secondo alcuni analisti, l'ingresso della Croazia nell'Ue potrebbe causare ulteriori divisioni in Bosnia, creando una sorta di divisione tra cittadini di "serie A" e di "serie B": infatti molti fra i bosniaci di etnia croata hanno anche il passaporto di Zagabria, che dal luglio del 2013 sarà un passaporto Ue, con tutti i vantaggi del caso a cui non potranno invece accedere né i bosniaci musulmani né quelli di etnia serba.

Nell'ultima settimana la Macedonia ha invece incassato una vittoria, in seguito a una sentenza della Corte internazionale di giustizia. I giudici dell'Aia, con una votazione di 15 a 1, hanno dato ragione a Skopje, ritenendo illegittima l'obiezione da parte della Grecia all'ammissione della Macedonia nella Nato. Si tratta di un episodio del 2008, che si inscrive nel sempiterno contenzioso onomastico tra Skopje, che è determinata a ottenere per il paese la definizione "Macedonia", e Atene che ritiene il termine "Macedonia" un toponimo esclusivamente ellenico e un suo utilizzo da parte di altri come una dichiarata intenzione di rivendicare ampliamenti territoriali. La Grecia si oppone a ogni riconoscimento internazionale dello Stato vicino con un nome diverso dalla sigla Fyrom (Former Yugoslavian Republic of Macedonia) e blocca di fatto anche ogni passo avanti di Skopje verso l'Ue. Fatto salvo il diritto di veto, però, la crisi economico-finanziaria sta rendendo contrattualmente molto più fragile la Grecia. E in ciò la Macedonia intravede la possibilità di promettenti spiragli futuri.

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