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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2011 alle ore 21:01.

A sorpresa la Russia ha presentato una risoluzione al Consiglio di sicurezza dell'Onu in cui condanna «le violenze di tutte le parti, compreso l'uso sproporzionato della forza da parte delle autorità di Damasco». Lo si legge in una copia del testo ottenuta dalla France Presse. La notizia segna una svolta nella tradizionale linea filosiriana tenuta da Mosca all'Onu.

Nelle ultime ore, la situazione in Siria è del resto ulteriormente peggiorata. Su internet e sulle tv girano filmati che provano le violenze delle forze dell'ordine del regime di Damasco. Una quarantina di siriani, tra soldati lealisti, disertori e civili, sono rimasti uccisi oggi secondo attivisti anti-regime in uno scontro nel sud del Paese e nell'ormai quotidiana repressione nei principali epicentri della rivolta, mentre Human Rights Watch (Hrw) riporta le testimonianze di una sessantina di soldati secondo cui i loro superiori hanno ordinato esplicitamente di aprire il fuoco sui manifestanti disarmati.

I mass media ufficiali riferiscono dell'uccisione di un terrorista e del ferimento di altri tre in un sobborgo di Damasco e denunciano il ritrovamento di un deposito di armi dei terroristi all'interno di un'abitazione privata a Hama, nel quartiere Hamidiye, da ieri all'alba colpito ripetutamente dai raid dell'esercito fedele al presidente Bashar al Assad, che nei giorni scorsi si era difeso in un'intervista dicendo di non aver mai dato ordine di sparare sui manifestanti.

Nella versione ufficiale di Damasco, secondo cui a sparare in Siria da dieci mesi sono bande armate finanziate dai Paesi confinanti, il Parlamento siriano ha oggi approvato una legge che inasprisce la pena per i trafficanti di armi che partecipano, anche indirettamente, al compimento di azioni terroristiche: da 5 anni di reclusione per il reato di traffico di armi si passa a 15 di lavori forzati; da 10 anni di carcere si passa all'ergastolo o alla pena di morte in caso di coinvolgimento in atti di terrorismo.

Nelle 88 pagine del rapporto pubblicato oggi da Hrw, organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani basata a New York, sono invece i vertici dell'esercito e delle forze di sicurezza del regime ad aver dato ordine, sin dalle prime proteste di marzo, di sparare contro i manifestanti disarmati, «autorizzando omicidi, torture e arresti illegali».
Secondo i racconti di oltre 60 soldati disertori, l'ordine era chiaro: le manifestazioni dovevano essere fermate «con ogni mezzo». I testimoni ex militari hanno fatto a Hrw i nomi di 74 tra militari e uomini delle forze di sicurezza che, secondo il rapporto, «avrebbero ordinato, autorizzato o tollerato su larga scala omicidi, torture e arresti illegali».

Mentre il Canada ha invitato ufficialmente oggi i suoi connazionali a lasciare il Paese a causa del deterioramento della situazione, i sindacati giordani hanno organizzato una colonna di aiuti per le migliaia di profughi siriani ospitati nel nord della Giordania dopo avere abbandonato il loro Paese per sfuggire alla repressione.

A Istanbul è intanto stata annunciata oggi una nuova sigla dell'opposizione all'estero, questa volta capeggiata da Bassam Imadi, ex ambasciatore siriano in Svezia, che secondo una nota odierna del ministero degli esteri di Damasco, era stato indagato per frode e illecito amministrativo. Il gruppo si chiama «Alleanza nazionale delle forze, dei coordinatori e dei consigli della rivoluzione», e si dice favorevole alla lotta militare intrapresa ormai da mesi dall'Esercito libero siriano (Esl), ombrello delle brigate di disertori sostenuto dal governo turco.

Sul loro sito, gli attivisti che quotidianamente sfidano sul terreno le milizie lealiste e i militari dell'esercito regolare, affermano che 10 persone, tra i quali 4 disertori, sono stati uccisi dalle forze di Damasco. Tra i civili figura Kamal Ibrahim di Hula (Homs), il cui corpo è stato riconsegnato oggi dopo esser morto sotto tortura. Disponibile in Rete un video della sua salma. Sempre a Hula, Said Assati, 40 anni, è stato ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato da un cecchino.

Gli attivisti parlano della morte di tre disertori a Daraa, forse coinvolti nello scontro che, secondo quanto riferito stamani dall'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), ha portato all'uccisione di ben 27 militari lealisti. L'agenzia Sana non accenna a questo episodio - tutto da accertare - ma parla dei funerali avvenuti oggi di 11 tra soldati e agenti di polizia morti in date non precisate a Homs, Hama e Daraa.

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