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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2011 alle ore 14:38.

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Il blogger Aleksej Navalnyj (AFP)Il blogger Aleksej Navalnyj (AFP)

Se Vladimir Putin ha da temere qualcuno in particolare tra le decine di migliaia di persone di un fronte di protesta che ancora non ha un nome, l'uomo è Aleksej Navalnyj. Avvocato 35enne, è il blogger anti-corruzione che ha lanciato contro Russia Unita, il partito del potere, lo slogan divenuto grido di guerra per le strade di Mosca: partito di ladri e imbroglioni.

L'ultimo furto, il milione di voti che si sospetta siano stati deviati, soltanto a Mosca, alle elezioni del 4 dicembre.

Quella sera Navalnyj venne arrestato per aver opposto resistenza alla polizia durante la prima di queste grandi manifestazioni di protesta. Nei 15 giorni in cui rimase in carcere, la sua popolarità misurata dai contatti tra blog e twitter continuò a crescere. Navalnyj aveva iniziato a farsi conoscere in questi ultimi anni con una campagna online contro gli abusi del potere: raccogliendo le denunce di cittadini vittime della corruzione, acquistando piccole quote in varie compagnie statali per denunciarne la mancanza di trasparenza in qualità di azionista minoritario.

Di certo, Navalnyj non ha paura di Putin. Appena uscito dal carcere, nei giorni scorsi, ha rilanciato la sfida: «Il partito dei ladri e degli imbroglioni - disse ai giornalisti - ha nominato presidente il primo tra i ladri e gli imbroglioni. Quest'uomo non può essere il nostro presidente».
Tra i personaggi che si alternano sul palco della protesta, Navalnyj è il più adatto a incendiare la folla.

«Vedo qui - ha urlato durante la manifestazione del 24 dicembre sulla prospettiva Sakharov - un numero di persone sufficiente a prendere subito Cremlino e Casa Bianca (la sede del Governo russo, ndr). Ma noi siamo gente pacifica, e per ora non lo faremo. Ma se questo furfante continuerà a mentire e a rubare, a imbrogliarci, ce li prenderemo». La prossima volta, ha detto Navalnyj, scenderà in piazza un milione di persone, «torneremo finché non ci daranno quello che ci spetta».

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