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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2011 alle ore 13:20.

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«Torneremo finché non ci daranno quello che ci spetta».Aleksej Navalnyj dà voce alla protesta di decine di migliaia di russi, ne sta diventando uno dei punti di riferimento più popolari. Alla vigilia di Natale la lotta per elezioni oneste in Russia si è trasferita a nord del Cremlino, nella prospettiva Sakharov dove, secondo la polizia, 29mila persone sono passate attraverso i controlli elettronici che delimitavano l'area assegnata ai dimostranti.

Per gli organizzatori erano molti di più, 130mila. In un grande spazio dove, malgrado il freddo, l'atmosfera in attesa degli oratori anticipava le feste, con i thermos di tè serviti dal Comune, i capannelli di gente a chiaccherare, i palloncini bianchi con la scritta: «Menja naduli, mi hanno gonfiato». Ovvero, hanno gonfiato i voti di Russia Unita, il partito del potere, «mi hanno fregato».

Ma non si tratta di una festa. La richiesta avanzata durante la manifestazione precedente del 10 dicembre in piazza Bolotnaja - l'annullamento delle elezioni del 4 dicembre scorso - non è stata presa in considerazione dal Cremlino, anche se sia Vladimir Putin che Dmitri Medvedev hanno annunciato timide modifiche al regolamento elettorale: l'ultima, un allentamento dei limiti alla partecipazione dei partiti minori. Questo movimento in cerca di un nome, di un leader e soprattutto di un'identità ormai è andato oltre, preme sul sistema pur senza invocare una rivoluzione. E' orgoglioso di non vedersi più come un gregge obbediente e passivo: «Siamo il fiore della Russia», scrivono sui cartelli e su twitter, «siamo la parte migliore della società». Questa non sembra più una fiammata destinata a spegnersi nel riposo delle feste, o a rassegnarsi a ritrovarsi periodicamente a piccoli gruppi in piazza per farsi trascinare via dagli agenti della sicurezza.

Lo scrittore Boris Akunin propone di battezzare il fronte della protesta «Russia Onesta»: «E' qualcosa che ci può unire - ha detto tra i primi oratori sul palco - noi vogliamo uno Stato onesto». Parlano in tanti, c'è un messaggio dal carcere di Serghej Udalzov, di recente ricoverato per uno sciopero della fame: «Non credete a Medvedev!»; chiedono libertà per i prigionieri politici, e fanno il nome di Mikhail Khodorkovskij. Ma è un boato quello che accoglie Navalnyj, blogger anti-corruzione. La sua stella sta crescendo, il suo tono all'inizio è irrisorio, poi si fa durissimo. «Buongiorno banderloghi!», grida ricordando il termine con cui Putin aveva apostrofato i dimostranti, il nome della tribù di scimmie di Kipling, dal Libro della giungla. «Che strano - ironizza Navalnyj - i banderloghi sono venuti, ma dov'è quello che li ha invitati sogghignando dalla tv?». Non ha paura Navalnyj mentre definisce Putin un «piccolo sciacallo codardo», e poi minaccia: «Vedo qui un numero di persone sufficiente a prendere subito Cremlino e Casa Bianca (la sede del Governo russo, ndr) - ha urlato - ma noi siamo gente pacifica, e per ora non lo faremo, ma non possiamo sopportare per sempre. Se questo furfante continuerà a mentire e a rubare, a imbrogliarci, allora ce li prenderemo».

Poco dopo Navalnyj, sul palco è salito Aleksej Kudrin. Ministro delle Finanze per anni, «il migliore» ripete Putin. In settembre però Kudrin si è scontrato con Medvedev, si è dimesso. Putin lo considera ancora in squadra, ma Kudrin si è avvicinato al fronte della protesta e in un articolo apparso su Kommersant si è proposto come ponte per avviare un dialogo tra questa società e il potere: «Spero di poter essere utile», ha scritto. Quella del 24 dicembre è stata la prima manifestazione per Kudrin: «Sono qui perché sono per elezioni oneste. In quanto democratico, devo essere qui. Non sono d'accordo con i risultati del voto e le elezioni del 4 marzo (per la presidenza, ndr) dovranno essere condotte con regole nuove». Per la prima volta Kudrin ha attaccato direttamente Putin: «Chi è colpevole? - ha chiesto puntando il dito sull'organizzazione deviata del voto - bisogna cominciare con Medvedev e con Putin, con chi ha in mano le riforme politiche».

Questo incontro, ha detto ancora Kudrin, dimostra che ci sono delle forze liberali, e io voglio contribuire: «E' possibile creare un movimento in cui si uniscano diverse forze politiche, sono pronto ad appoggiarlo». La ricerca di un'anima, di una piattaforma comune sarà ora la vera sfida per un fronte composto da voci diversissime, come dimostrano i confronti accesi tra liberali e nazionalisti, i fischi pro o contro Kudrin, la lontananza tra l'opposizione parlamentare e questa che si sta rafforzando dalla piazza. Alle cinque e mezza ora di Mosca, dopo più di tre ore, la manifestazione si è sciolta, senza incidenti e senza arresti, la gente ha preso d'assalto la stazione del metrò. Mentre in cielo, trainata da palloncini, volteggiava una grande foto del vero obiettivo del meeting, Putin: «Neanche un voto per lui» e «Vai via, verme!», ci avevano scritto sopra.

Il blogger Navalnyj: torneremo finché non ci daranno quello che ci spetta (di Antonella Scott)

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