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Questo articolo è stato pubblicato il 24 dicembre 2011 alle ore 09:42.
L'ultima modifica è del 24 dicembre 2011 alle ore 08:10.

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Lo spread tra i BTp e Bund si è agitato molto ieri. A inizio giornata è sceso, ma con poca convinzione. Ha poi ripreso a salire, ha svettato a quota 515 per poi chiudere un filo sopra 500 mentre il rendimento dei decennali travolgeva la barriera del 7% prima di terminare al 6,99.

Poco o nulla di questa grande agitazione, in verità, si respirava nelle trading room semi-vuote: i libri dei grandi investitori sono chiusi per il 2011, le banche sono inondate di liquidità Bce ma usano il contagocce. Gli scambi a fine anno sono fiacchi, i flussi azzerati, le posizioni neutre, la volatilità esasperata dall'illiquidità. Eppure lo spread ha chiuso sopra 500 e non sotto.
La vera turbolenza resta l'ansia da asta: la prossima settimana il Tesoro chiederà al mercato una ventina di miliardi in prestito, con una vasta gamma di titoli in offerta: i BoT semestrali, il CTz che ha sofferto tantissimo quest'anno, i BTp in corso di emissione e fuori corso, i CcT indicizzati all'Euribor che non piacciono granchè. Lo spread più seguito tra tutti resta quello tra i BTp e i Bund decennali e il caso vuole che proprio la prossima settimana il Tesoro collocherà in asta il nuovo benchmark a dieci anni, il marzo 2022, tra 1,5 e 2,5 miliardi. Un importo, questo, che solo all'apparenza è di piccole dimensioni per un titolo con una durata fuoriclasse: sommato a tutti gli altri titoli in asta, è pesante.

In vista dell'emissione del decennale, ieri sul secondario i BTp con questa scadenza sono tornati a rendere oltre il 7 per cento. Le banche che parteciperanno all'asta evidentemente hanno iniziato a fare spazio per assorbire la nuova offerta, alleggerendo le posizioni: corre voce che siano veramente in pochi gli istituti disposti a chiudere il 30 dicembre con un aumento dell'esposizione al rischio-Italia. Il taglio inferto dalla scure degli stress test dell'Eba brucia ancora. E la volatilità esasperata non consente di andare scoperti per poi ricoprirsi. La prudenza è d'obbligo, dopo qualche bagno di sangue di troppo sul primario nella seconda metà del 2011.
Il BTp 2022 arriverà in asta il 29 dicembre assieme al BTp a tre anni, che ieri sul secondario ha oscillato tra il 5,3% e il 5,6% facendo temere un collocamento in asta in area 6 per cento. È prevedibile che anche i BoT, i CTz e i CcTeu, come i BTp, verranno assegnati a rendimenti in linea o solo leggermente inferiori a quelli sui livelli massimi raggiunti nelle aste di fine novembre.

Questo perchè al di là dei grossi importi di titoli in scadenza da rimborsare, il 2012 è carico di incognite per il debito sovrano europeo. A gennaio la Grecia potrebbe, dovrebbe, porre fine al calvario della ristrutturazione dei titoli di Stato: le scadenze verranno allungate, verrà chiuso uno swap con i privati, ma l'haircut sarà tremendo per le banche che detengono bond greci. Il messaggio sarà negativo: e intanto il secondo pacchetto di aiuti Ue-Fmi ad Atene da oltre 100 miliardi resta in alto mare.
Un'altra spada di Damocle che oscilla pericolosamente sulle trading room dei titoli di Stato europei è quella del verdetto pendente delle agenzie di rating. S&P, Moody e Fitch potrebbero, dovrebbero, sciogliere le riserve entro gennaio sulla valutazione del rischio sovrano nella zona dell'euro. Ieri si è sparsa la voce, l'ennesima, di un'imminente perdita del rating "AAA" da parte della Francia: ma sul mercato c'è chi comincia a pensare che anche la tripla "A" della Germania e dell'Olanda non siano immuni al morbo della retrocessione.

Le agenzie di rating si devono confrontare quotidianamente con una reputazione compromessa dalla crisi subprime e le loro esternazioni, che non lasciano tregua da mesi ai traders, sono venute quasi a noia: eppure se Moody's dovesse declassare qualche nuovo Stato europeo a livello speculativo o se S&P's decidesse di spingere l'Italia nel mondo delle triple "B", la copertura delle aste 2012 sarebbe più problematica.
Un'altra questione aperta resta infine quella dell'anticipo dell'avvio del fondo di stabilizzazione permanente Esm: se questa operazione dovesse coincidere con l'introduzione delle clausole di azione collettiva nella documentazione dei nuovi titoli di Stato, i mercati ne uscirebbero sicuramente indeboliti perché segmentati tra bond di vecchia e di nuova emissione.

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