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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2011 alle ore 19:14.

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Si allarga il fronte africano contro i jihadisti somaliSi allarga il fronte africano contro i jihadisti somali

Dopo Uganda, Burundi, Etiopia e Kenya anche Gibuti aderisce alla coalizione africana sponsorizzata dagli Stati Uniti per combattere gli estremisti islamici legati ad al-Qaeda in Somalia. Il primo scaglione di 250 degli 850 uomini messi a disposizione da Gibuti è atterrato martedì all'aeroporto di Mogadiscio per unirsi ai 9.700 caschi verdi dell'Amisom (messi in campo da Uganda e Burundi) la forza d'interposizione dell'Unione Africana in Somalia.

Secondo il portavoce delle forze di sicurezza, Mohamed Abdirahman, il resto del battaglione gibutino arriverà nella capitale somala nei prossimi giorni portando a 10.500 effettivi il contingente multinazionale di stanza in territorio somalo dal 2007. Rinforzi necessari nella stessa Mogadiscio dove anche oggi si sono registrati duri scontri tra le forze governative/africane e i miliziani islamisti. Secondo quanto riferito da alcuni media locali i combattimenti sono durati diverse ore ed entrambi gli schieramenti hanno utilizzato artiglieria che secondo fonti governative hanno provocato diverse vittime e decine di ferite. Negli ultimi mesi le operazioni contro le milizie di Imaarah Islamiya (Autorità Islamica) , nuova "ragione sociale" del movimento Shebaab (la gioventù) che controlla buona parte della Somalia centro meridionale si sono intensificate con l'intervento nel sud del Paese di almeno 5 mila militari kenyoti con elicotteri e jet da combattimento F-5 mentre i misteriosi bombardamenti navali del mese scorso contro le postazioni degli islamisti nei pressi di Chisimaio pare siano da attribuire a navi da guerra francesi e britanniche.

Da ovest sono penetrate in Somalia in novembre anche truppe etiopiche che già nel 2006 avevano permesso di cacciare da Mogadiscio il governo delle Corti islamiche. Addis Abbeba ha negato che sue truppe siano entrate in Somalia come confermano invece molte testimonianze. Poco pubblicizzate le attività militari degli Stati Uniti che, oltre a fornire mezzi e finanziamenti ai Paesi impegnati a sostenere la missione Amisom, dispongono di basi a Gibuti e in Etiopia utilizzati da forze speciali e velivoli teleguidati Reaper per sorvegliare l'area delle operazioni e compiere incursioni a sostegno del governo di transizione somalo le cui forze vengono addestrate in Uganda da team internazionali. L'ampliamento della coalizione anti-islamista trova conferma anche nella decisione della Danimarca di stanziare di 5 milioni di dollari per sostenere la missione di pace dell'Unione Africana. I miliziani islamisti hanno reagito all'offensiva degli alleati con una campagna di arruolamenti per il jihad che coinvolge anche i bambini di Chisimaio e della regione del Basso Giuba (200 dei quali arruolati direttamente nelle scuole) e utilizzando Twitter per lanciare appelli internazionali alla mobilitazione. Washington sta valutando un procedimento legale per far chiudere l'account (che conta 4.600 iscritti) utilizzato da Imaarah Islamiya tenuto conto che in passato attentatori suicidi somali con cittadinanza americana hanno compiuto attacchi terroristici in Somalia.

Anche per la Gran Bretagna la Somalia sembra diventata una priorità strategica. Secondo quanto riportato giovedì scorso dall'Independent, il primo ministro David Cameron intende aumentare il pressing sulla regione con una gamma di opzioni, da quella umanitarie all'uso della forza, che verranno discusse in un vertice convocato a Londra a fine febbraio al quale parteciperà anche il governo di transizione di Mogadiscio. Oltre alla minaccia jihadista e alla pirateria, il governo britannico valuta anche il rischio terroristico interno determinato (specie alla vigilia delle Olimpiadi di Londra) dall'elevato numero di cittadini britannici che secondo l'intelligence vengono addestrati nei campi somali di al-Qaeda. Secondo il direttore dell'MI5 (i servizi di sicurezza interna) Jonathan Evans, la Somalia è diventata la seconda meta dopo il Pakistan per l'addestramento di aspiranti attentatori.

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