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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2012 alle ore 15:39.

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Il comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino (Ansa)Il comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino (Ansa)

«Il comandante deve abbandonare la nave per ultimo, provvedendo in quanto possibile a salvare le carte e i libri di bordo, e gli oggetti di valore affidati alla sua custodia». Parole scolpite chiaramente nell'ordinamento italiano. Il Codice della navigazione italiano, datato 1942, prevede chiaramente quali siano i doveri del comandante della nave. Compreso il caso dell'abbandono dell'imabarcazione in pericolo.

Un obbligo che, dalle prime ricostruzioni del tragico incidente del Giglio, sembra non esser stato rispettato dal comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino, attualmente in stato di fermo per pericolo di fuga e possibile inquinamento delle prove secondo la Procura di Grosseto. Francesco Verusio, il magistrato titolare dell'inchiesta, ha precisato che «poco dopo mezzanotte lui era già sugli scogli del Giglio» quando erano ancora in corso le operazioni di abbandono della nave. «L'allarme è stato lanciato dalla nave intorno alle 22,42 e alle 22,43 - ha sottolineato il Pm - mentre l'impatto si era verificato circa un'ora prima». Intanto è in corso l'esame della scatola nera di bordo e fra pochi giorni la ricostruzione potrebbe essere ancora più precisa.

Responsabilità disattese
Il Codice della navigazione non lascia spazio a equivoci anche sulle responsabilità proprio per la particolarità e dei rischi insiti nel trasporto marino. Al comandante della nave «in modo esclusivo» (spiega a chiare lettere l'articolo 295) spetta la direzione della manovra e della navigazione. Ma non solo. Chi guida l'imbarcazione, anche nelle circostanze in cui è obbligato ad avvalersi del pilota, deve dirigere personalmente la manovra della nave all'entrata e all'uscita dei porti, dei canali, dei fiumi e in ogni circostanza in cui la navigazione presenti particolari difficoltà.

Come dire, non sono ammesse deleghe e "passaggi" di testimone di nessuna sorta: quando subentrano complicazioni è solo il comandante a dover gestire e guidare le operazioni, naturalmente coordinando l'equipaggio per fare in modo che ognuno dia il suo contributo a uscire dalla situazione difficile. La direzione della nave comporta anche altri profili di responsabilità: in caso di pilotaggio, il comandante risponde «dei danni causati alla nave da errata manovra - prevede l'articolo 313 del Codice - se non provi che l'errore è derivato da inesatte indicazioni o informazioni fornite dal pilota».

La difesa
L'accusa nei confronti del comandante della Costa concordia è di omicidio colposo plurimo, disastro e abbandono di nave. Ad avviso del legale di Schettino, Bruno Leporatti, la manovra effettuata dal comandante è stata di «straordinaria perizia nautica e ha consentito di salvare tante vite umane, una manovra brillantemente compiuta».

Nei confronti del suo assistito è stato ipotizzato «un comportamento colposo che ha provocato l'apertura della falla, bisogna vedere se ciò è riscontrabile». Per quanto riguarda l'accusa di abbandono della nave «devo sentire quello che dice il comandante - ha continuato il difensore, che ha incontrato Schettino nella caserma dei carabinieri di Orbetello - è una situazione delicata». E il Codice della navigazione su questo è fin troppo chiaro, senza se e senza ma.

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