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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2012 alle ore 08:10.

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Più spazio ai giovani e al merito, e la "liberazione" degli italiani dalle tasse occulte costituite da prezzi e tariffe troppo elevati dovuti proprio alle incrostazioni del mercato. Al termine del Consiglio dei ministri, il premier Mario Monti ha rivendicato al decreto varato ieri il merito di puntare su quegli obiettivi di rigore, equità e crescita annunciati all'inizio del percorso di governo. «Mi aspetto dei malcontenti. Spero che siano entro ambiti di civiltà» ha detto il premier. E poi: «Produttività e Pil possono aumentare del 10 per cento».

Dopo ben otto ore di consiglio dei ministri Mario Monti sceglie di sgranchirsi le gambe e andare a piedi da Palazzo Chigi fino agli uffici di Santa Maria in Via dove si svolgerà la conferenza stampa di battesimo delle liberalizzazioni.

Il tratto di strada è breve ed è lo stesso che era stato occupato dai tassisti in rivolta contro di lui e il suo Governo ma ieri quella strada era meno rischiosa e gli unici incontri che fa sono con cittadini che lo incoraggiano a «cambiare il Paese». E, in effetti, è quello su cui batte quando dice che questa è «una grande azione sociale» perché «toglie una tassa occulta» alle famiglie. «Difficile dire quanto risparmieranno ma è verissimo che questo decreto è contro l'aumento del costo della vita» e cita Les Echos due volte – una anche quando va alla trasmissione di Lilli Gruber su La7– per far sapere come il giornale finanziario francese ritenga giusta la scelta italiana «di creare più concorrenza» per abbassare i prezzi. Certo, ha in mente anche i numeri di Bankitalia o dell'Ocse sull'«aumento di produttività del 10% e sullo stesso ordine di grandezza potrà salire il Pil» ma il messaggio guarda altrove.

«Sono i giovani, la categoria meno rappresentata dalla politica in questi ultimi anni, che avranno i vantaggi maggiori. E ne avranno anche quelli che non votano perché non sono ancora nati». Non a caso, accanto all'esordio ormai consueto di ringraziamento a Giorgio Napolitano, il premier manda un «grazie» al meno noto Carmelo Lentini, del Forum dei giovani, proprio per rendere chiaro che a lui interessa il giudizio delle giovani generazioni più delle proteste dei loro padri. E lo dirà, con il solito garbo, anche in Tivù quando dice di aspettarsi proteste e manifestazioni dai tassisti o dagli avvocati ma che «l'arroccamento è un danno per i loro figli: mi aspetto tensioni ma spero siano civili, ho fiducia nella maturità italiani come è stato dimostrato dall' incredibile prontezza avuta sulla riforma delle pensioni».

Non si mostra preoccupato nemmeno della politica che ancora frigge nel vedere un Governo che decide e che – per questo – crea paragoni imbarazzanti con il passato recente e meno recente. E così riesce pure a smussare i toni di Silvio Berlusconi che ieri è tornato sulla scena con quel tanto di dose critica verso Monti. «In privato mi dà segnali incoraggianti. Quello che è vero è che ci aspettavamo una discesa più veloce dello spread: oggi è a 432 punti ma non basta. Se si misurasse solo su questo il successo del Governo saremmo delusi noi per primi ma per fortuna le valutazioni dei mercati sulle nuove misure sono tutte orientate alla positività». Ecco quindi che si arriva allo spread, misuratore finanziario che in Italia si è trasformato anche in indicatore politico (lo spread tra Berlusconi e Monti). Si mostra fiducioso il Professore che attribuisce ai deludenti esiti del Consiglio Ue dell'8 dicembre il rialzo del differenziali con i Bund tedeschi ma in questi giorni «c'è un declino piacevole e confido che continuerà». Non manca molto per verificare la speranza del premier visto che il 30 gennaio ci sarà un altro Consiglio europeo cruciale per l'approvazione delle nuove regole fiscali e di bilancio. Un appuntamento sul quale si mantiene prudente come con Angela Merkel alla quale aveva rivolto pubblici appelli andati non proprio a buon fine. «Non vedo a breve la prospettiva di eurobond e comunque non c'è bisogno di convincere la Merkel su niente. Non mi sento esaminato da lei, mi sento un suo collega che non ha il suo stesso peso ma che rappresenta un Paese il cui peso ora è visto un po' da tutti crescere».

I partiti gli sfuggono ai ringraziamenti iniziali della conferenza stampa, ma poi recupera e, come di prassi, ricorda la loro importanza «faccio molto affidamento in loro» ma li sollecita a «dialogare di più sulla legge elettorale e sulla riduzione dei parlamentari». Per quanto lo riguarda non teme crisi di Governo – «non ne vedo all'orizzonte» – e, del resto, per lui «non è tanto importante quanto resteremo in carica ma come lasceremo il Paese». Un messaggio che i partiti non avevano mai dato così. E sarà anche per questo che i sondaggi premiano un Governo che finora ha solo tolto. «Preferisco avere un calo di consensi, che oggi non c'è, per cose difficili ma utili piuttosto che lavorare per aumentarli visto che non ci servono perché non ci presenteremo alle elezioni». Promessa ribadita ma i partiti ci credono poco.

E in Parlamento affilano già le armi per cambiare i testi ma Monti sa come "tutelarli". «Nessuno potrà dire che abbiamo lasciato tranquilli i grandi e i poteri forti». Sì ma chi sono i forti e chi i deboli? «Non credo che deboli possano definirsi i tassisti, le farmacie o gli avvocati visto che possono contare su una loro forte rappresentanza di interessi in Parlamento. Nel decreto ci sono pure banche, assicurazioni e il settore petrolifero che debolissimi non sono». Ma non tutto è stato fatto ieri. L'appuntamento Monti lo dà a venerdì prossimo quando arriverà il decreto sulla semplificazione. E più a breve, lunedì, vedrà i sindacati sul lavoro su cui spegne l'attesa sull'articolo 18 «non è una questione esclusiva o preminente. Vedrà Fornero se e quando trattarla».

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