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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2012 alle ore 13:16.

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Pochi giorni fa erano state le parole di Mario Monti a sollevare il polverone («Il posto fisso? Che monotonia») con tanto di precisazione da parte del premier costretto a chiarire il senso delle sue affermazioni. E oggi a rincarare la dose interviene il ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri.«Noi italiani siamo fermi al posto fisso nella stessa città di fianco a mamma e papà».

Fornero: tergiversare non è la soluzione
Sulla
riforma del mercato del lavoro, dunque, tengono banco le polemiche. Mentre il ministro del Welfare, Elsa Fornero, torna a battere, da Torino, sulla necessità di far presto. «Tergiversare, aspettare, non può essere la soluzione. Il Governo ha il dovere di agire. È in corso una discussione con le parti sociali e dialogo non vuol dire che tutto è stato deciso. il percorso è appena iniziato, ma deve essere fatto».

Camusso avverte: no a manuntenzione dell'articolo 18
Le tensioni, però, non si placano e sono tutte concentrate sull'articolo 18. I sindacati non sono disposti ad arretrare («una sua manutenzione intesa come diminuzione della sua efficacia non è giusta e nemmeno necessaria», avverte la segretaria della Cgil, Susanna Camusso), ma l'esecutivo non vuole tabù al tavolo della trattativa, come lascia capire Fornero. «Stiamo cercando di mettere mano ai contratti per limitare la flessibilità cattiva. C'è un'altra parte di flessibilità buona, che implica che un'azienda nel corso della sua storia può avere bisogno di un alleggerimento del personale, per motivi di riorganizzazione. Non vogliamo che non esista la possibilità di licenziare, ma chi è licenziato sia aiutato a trovare in tempi rapidi nuova occupazione da istituzioni e dalle aziende». Quanto al posto fisso, aggiunge Fornero, «nessuno può prometterlo a vita, chi lo fa promette oggi facili illusioni».

Damiano: dal premier tesi infondate e non dimostrate
Eppure posto fisso e articolo 18 continuano ad animare il dibattito
e creano scompiglio tra le forze politiche. A cominciare dal Pd, dove le fughe in avanti dell'esecutivo generano imbarazzo nei vertici. Tanto che l'ex ministro, Cesare Damiano, pianta precisi paletti. «È sbagliato - dice partire dal tema dell'articolo 18 -. Non bisogna caricare sui temi sociali i pesi dell'Italia. Le tesi dell'articolo come deterrente agli investimenti esteri (le parole del premier di qualche giorno fa, ndr) sono tesi infondate e non dimostrate». Mentre il Pdl continua a sostenere l'esecutivo sulla riforma. «Monti e Fornero sarebbero ben felici di prendere atto, in tema di mercato del lavoro, di una svolta riformista dell'autonomia collettiva - insiste Giuliano Cazzola, vicepresidente della commissione Lavoro alla Camera - resa operativa attraverso il  protagonismo dei sindacati, della Confindustria e delle altre associazioni datoriali».

Camusso: l'esecutivo pensa di poter procedere da solo
Il Governo, quindi, vuole procedere celermente
. «La riforma del mercato del lavoro non è una bacchetta magica che darà immediatamente lavoro a coloro che in questo momento protestano - sottolinea ancora Fornero -. È però qualcosa che darà qualche speranza in più a molti». Ma i sindacati vogliono un vero confronto. «L'esecutivo spesso pensa di non dover rendere conto a nessuno - avverte Camusso - e quindi immagina di poter procedere anche da solo. Il tempo della trattativa può essere breve o lungo, dipende dalla disponibilità a discutere di questioni vere». Mentre il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni, spiega che l'articolo 18 «va mantenuto. Ma c'è bisogno di una robusta manutenzione e alcune inefficienze possiamo anche revisionarle. Proponiamo delle cause veloci per i licenziamenti, il sistema giudiziario troppo spesso si slabbra. Poi gli ammortizzatori e per i giovani avevamo chiesto la previdenza integrativa, ma il Governo non ha fatto per non disturbare le banche. Spero che ora faccia qualcosa».

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