Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2012 alle ore 18:32.

My24

Nel novembre scorso, l'edizione del weekend del quotidiano inglese Guardian ha sottoposto al premier britannico David Cameron una serie di domande formulate da alcuni personaggi pubblici. In quell'occasione lo street artist Eine chiese a Cameron chi avrebbe portato a un party per uomini organizzato da Silvio Berlusconi, se avesse potuto estendere l'invito a qualche conoscente.

Il primo ministro rispose così: Barack Obama, Nicolas Sarkozy, il premier neozelandese John Key e il presidente delle Maldive che è «il mio nuovo miglior amico, è un grande». Ma stamattina Mohamed Nasheed, che è stato il primo presidente della Maldive eletto democraticamente (e che ha in effetti legami politici di lunga data con i Tories britannici), si è dimesso. La sua rinuncia alla poltrona ha avuto però più di una somiglianza con le dinamiche di un colpo di Stato morbido.

Nell'arcipelago asiatico già da tempo saliva la tensione, con dimostrazioni di piazza antigovernative da parte dei sostenitori dell'ex presidente Maumoon Abdul Gayoom e frizioni tra l'esercito, perlopiù fedele a Nasheed, e la polizia, più sbilanciata a favore dell'opposizione. Circa un mese fa, l'arresto di un giudice importante della Criminal court, Abdulla Mohamed, ritenuto vicino al precedente regime, aveva ulteriormente inasprito gli animi. Questa mattina, mentre davanti ai palazzi governativi nella capitale Malé una folla protestava contro il presidente, un gruppo di poliziotti si è rifiutato di obbedire agli ordini e si è unito ai manifestanti. Nel frattempo una pattuglia di ribelli ha raggiunto e occupato alcuni studi televisivi, facendo trasmettere messaggi favorevoli all'ex presidente Gayoom e inviti a unirsi alla rivolta diretti alla popolazione.

Nasheed, messo alle strette, si è rivolto a sua volta ai concittadini dalle reti tv e ha annunciato il suo addio alla carica. Dagli schermi il presidente ha detto: «Mi dimetto perché non sono il tipo di persona che desidera governare con l'uso della forza. Credo che se il governo volesse rimanere al potere dovrebbe ricorrere all'uso della forza, cosa che danneggerebbe molti cittadini, e credo che se il governo si mantenesse in carica sarebbe molto probabile dover affrontare influenze straniere» (il riferimento, piuttosto oscuro, pare sia all'India).

Secondo voci provenienti dall'entourage del presidente dimissionario si tratta in sostanza di un golpe, visto che Nasheed sarebbe stato costretto a lasciare la carica in seguito a fortissime pressioni ricevute dai vertici della polizia, da uomini vicini all'ex capo dello Stato e da alcuni elementi dell'esercito. E secondo Ibrahim, il fratello del presidente sentito dalla Bbc, Nasheed sarebbe stato trattenuto in custodia dalle forze di sicurezza per evitare presunti pericoli per la sua incolumità. Nel corso della giornata, la carica più alta dello Stato è passata temporaneamente al vice di Nasheem, Mohammad Waheed Hassan Manik, che è il leader del piccolo partito Gaumee Itthihaad (Unità nazionale) ed è considerato una personalità indipendente.

Tra i primi maldiviani ad aver ottenuto un dottorato (all'università americana di Stanford) e pioniere della tv nel suo paese, Waheed ha lavorato a lungo all'Onu ed ha guidato in passato l'ufficio dell'Unicef in Afghanistan, prima di tornare in patria e dedicarsi alla politica attiva. Benché per ora la presidenza sia passata a lui, che è stato un alleato di Nasheed, le dimissioni del primo presidente eletto con un voto libero, costituiscono un momento difficilissimo per la giovanissima democrazia maldiviana.

Nasheed è stato per anni l'esponente di punta della dissidenza nell'arcipelago. Nelle Maldive, sotto gli occhi disattenti di centinaia di migliaia di turisti stranieri, Maumoon Abdul Gayoom, presidente inamovibile incline all'autoritarismo e per nulla avvezzo al ricorso a elezioni libere, detiene il potere per trent'anni, dal 1978 al 2008. Nasheed, prima con la penna sulle pagine della rivista Sangu (in seguito proibita), poi con un sempre più acceso attivismo, poi con l'azione politica svolta all'estero durante un periodo di autoesilio, è per anni il più fastidioso dito nell'occhio del regime.

Sempre più conosciuto fuori dal suo paese e referente privilegiato delle associazioni internazionali per i diritti umani, Nasheed è incarcerato un'infinità di volte, anche dopo aver conquistato un seggio in Parlamento (nel 2000) per la circoscrizione della capitale Malé. I soggiorni in prigione, che secondo la stessa testimonianza dell'attivista sono accompagnati da ripetuti episodi di tortura, accrescono la popolarità di Nasheed e mettono in difficoltà il governo. Così quando nel 2005 il regime apre timidamente al multipartitismo Nasheed registra il suo movimento politico, il Partito democratico maldiviano, e lancia la sua corsa verso la presidenza.

Nel 2008, in occasione delle prime elezioni trasparenti e libere per la carica più alta dello Stato, l'eterno Gayoom, che pure risulta il più votato al primo turno, al ballottaggio deve cedere la poltrona su cui si è seduto per tre decenni al suo giovane avversario. Nasheed, che ha da poco superato i quarant'anni, vede il traguardo della sua lunga lotta e si insedia alla presidenza. Uno dei maggiori impegni del neoeletto è in campo ambientale, visto che le Maldive, totalmente sprovviste della più piccola altura, sono destinate a scomparire se il temuto innalzamento del livello del mare troverà conferma nella realtà.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi