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Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2012 alle ore 07:37.

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di Vittorio Da Rold
Ormai è questione di poco mentre le trattative continuavano nella notte di Atene: l'annuncio che i ministri finanziari dell'Eurozona si riuniranno oggi alle 18 a Bruxelles era un implicito riconoscimento che gli accordi per la Grecia sono ormai in dirittura d'arrivo. Salvo che si tratti dell'ennesima forma di pressione sulla Grecia dell'Unione europea.

D'altra parte, in mattinata si riunirà a Parigi anche l'agguerrito fronte dei creditori privati. Nella notte era ancora in corso la riunione ad Atene fra il premier tecnico Lucas Papademos e i segretari dei tre partiti che sostengono l'Esecutivo tecnico del premier, ossia George Papandreou del Pasok (socialista), Antonis Samaras di Nea Dimokratia (centro destra) e Giorgos Karatzaferis di Laos (estrema destra) sulle misure di austerità chieste dalla troika composta da funzionari Bce-Ue-Fmi per ottenere in cambio gli aiuti internazionali da 130 miliardi di euro senza i quali Atene non potrà rimborsare i 14,5 miliardi di obbligazioni in scadenza il 20 marzo prossimo.

La palla nella notte era nelle mani dei politici greci i quali devono accettare una riedizione inasprita delle misure di austerità finanziaria e sociale. I rappresentanti della troika vogliono la firma dell'intesa quanto prima, in modo che al massimo entro lunedì 13 febbraio l'accordo possa essere ratificato dal Parlamento greco senza esitazioni.

Inoltre la troika avrebbe chiesto ai tre leader politici e al premier di firmare un documento che impegnerà (come avvenuto in Portogallo) non soltanto i partiti e il Governo attuale ma anche quello successivo (dato che Atene andrà alle urne ad aprile in uno stato di crescente tensione sociale) sulle misure di austerità, fra le quali la riduzione degli stipendi minimi nel settore privato del 20%, pari a 751 euro al mese, il taglio dei sussidi pensionistici e i licenziamenti di 150mila dipendenti in esubero nella pubblica amministrazione entro il 2015, di cui 15mila entro il 2012.
Il Governo di Atene sta negoziando un taglio alla spesa pubblica pari all'1,5% del Pil (circa 3,3 miliardi di euro). Il 30% (1,1 miliardi di euro) dei tagli riguarderebbe la spesa sanitaria, mentre il programma di investimenti pubblici verrebbe ridotto di 300 milioni di euro, così come le spese della difesa.

Un documento che darebbe così il disco verde allo scambio dei titoli di Stato in mano ai privati (Psi) che dovrebbe a sua volta permettere alla Grecia di ottenere una sforbiciata di 100 miliardi di dollari sui propri debiti e al tempo stesso di poter emettere nuovi titoli trentennali a un tasso molto basso, pari al 3,6% e un perdita complessiva pari al 70% dell'investimento.

A quel punto la Banca centrale europea, sotto la guida pragmatica di Mario Draghi, concederà uno "sconto" sul debito greco del valore di 11 miliardi di euro. Secondo indiscrezioni rilanciate l'altro ieri dal Wall Street Journal, infatti, la Bce ha convenuto di scambiare i bond greci acquistati sul mercato secondario nel corso del 2011 con i bond emessi dall'European Financial Stability Facility a un prezzo inferiore al loro valore nominale. L'operazione ridurrà il debito greco di una cifra che, secondo gli analisti, dovrebbe arrivare appunto a 11 miliardi di euro.
Un altro prezioso tassello per ridurre il rischio contagio dell'Eurozona che dopo il varo del fiscal compact che obbliga i partner al pareggio di bilancio dovrebbe poter finalmente chiudere la partita greca e tornare a occuparsi della crescita dell'economia europea.

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