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Questo articolo è stato pubblicato il 15 febbraio 2012 alle ore 08:06.

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di Beda Romano
La crisi greca continua a rimanere appesa a un filo. Mentre ad Atene e in altre città del Paese le tensioni sociali si moltiplicano, le trattative tra la Grecia e i suoi partner per la concessione del nuovo pacchetto di aiuti devono fare i conti con nuovi ostacoli e dubbi. I ministri delle Finanze della zona euro hanno deciso di declassare una riunione a Bruxelles prevista per oggi, trasformandola in una teleconferenza.

Si vedranno invece venerdì a Roma il cancelliere tedesco Angela Merkel e il premier Mario Monti, proprio per discutere di eurozona e della crisi greca.
In un comunicato, il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker ieri ha spiegato che è necessario «ulteriore lavoro tecnico» in un certo numero di settori. In particolare, il primo ministro lussemburghese ha sottolineato che ancora manca all'appello un accordo sul modo in cui la Grecia intende coprire un buco da 325 milioni di euro; nel contempo non sarebbe ancora pronta l'analisi aggiornata sulla sostenibilità del debito greco.

«Per di più - ha spiegato Juncker nel suo comunicato - non ho ancora ricevuto le assicurazioni politiche dai leader della coalizione greca sull'adozione del programma» di risanamento delle finanze pubbliche.
Com'era già successo l'anno scorso, prima di prestare nuovo denaro ad Atene, l'Eurogruppo vuole dai leader politici un impegno scritto a perseguire le riforme economiche anche dopo le elezioni che si terranno ad aprile.
In questo contesto, Juncker ha deciso di trasformare la riunione di oggi in una teleconferenza, che sarà di preparazione all'Eurogruppo già previsto da tempo per il 20 febbraio.
La questione greca continua dunque a essere circondata da una grande incertezza. Il Parlamento di Atene ha approvato domenica l'accordo con la troika, composta dai funzionari della Commissione europea, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale.

Questo passaggio parlamentare era però soltanto una delle condizioni poste dai ministri delle Finanze in occasione dell'Eurogruppo della settimana scorsa. In quella circostanza, i Governi della zona euro avevano anche chiesto impegni scritti da parte delle forze politiche, così come un piano di riduzione del deficit pubblico per il 2012 di 325 milioni di euro. Queste ultime due condizioni sembrano però ancora mancare all'appello.
L'aspetto più controverso è la promessa scritta. Due giorni fa, Antonis Samaras, il leader del partito conservatore Nuova Democrazia, ha affermato che se sarà eletto primo ministro nelle elezioni di aprile, vorrà rinegoziare il pacchetto con Bruxelles. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, ha risposto indispettito. Riferendosi a un eventuale fallimento della Grecia, ha dichiarato, minaccioso: «Siamo meglio equipaggiati di due anni fa».

L'allusione è chiara: lo stesso accordo con le banche per una ristrutturazione del debito pubblico greco nasconde la possibilità di trasformare l'operazione finanziaria in un fallimento ordinato, se sarà necessario. C'è una evidente sfiducia nei confronti della Grecia, un Paese che tra le altre cose continua a riservare una fetta importante del proprio bilancio alla difesa (circa il 3% del prodotto interno lordo).
Intanto, proseguono le proteste in un Paese in recessione economica ormai da quattro anni. Il momento è delicatissimo, e sta creando non pochi risentimenti. In un giornale conservatore greco, il cancelliere tedesco Angela Merkel è stato raffigurato in uniforme nazista sotto alla scritta «memorandum macht frei», una parafrasi del motto «arbeit macht frei» che campeggiava sopra l'ingresso del campo di concentramento di Auschwitz.

Assai più freddamente, l'economista Yanis Varoufakis ha invece fatto un parallelo tra le riparazioni imposte alla Germania nel 1919 e le misure chieste alla Grecia dal 2010 ad oggi.
Ieri a Strasburgo, il commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, è stato costretto a rispondere alle domande di alcuni giornalisti che gli hanno rimproverato di imporre alla Grecia misure di austerità ormai insopportabili. Le risposte sono sembrate imbarazzate.

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