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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2012 alle ore 10:52.

L'obiettivo principale era dare un segnale, far battere un colpo alla politica, ai partiti. E l'intesa sulle riforme costituzionali raggiunta ieri da Pierluigi Bersani, Angelino Alfano e Pier Ferdinando Casini, in un vertice mattutino alla Camera, lo è. Pd, Pdl e Terzo Polo hanno ufficialmente dato il via libera alla riduzione dei parlamentari, alla semplificazione dell'iter legislativo, che dovrebbe portare al superamento del bicameralismo perfetto, al rafforzamento del ruolo del premier, con l'introduzione della sfiducia costruttiva e il potere di nomina e revoca dei singoli ministri e alla rivisitazione dell'articolo 117 della Costituzione, per chiarire le competenze tra Stato e Regioni riducendo così l'elevato contenzioso davanti alla Consulta. Tutto rinviato invece sulla legge elettorale.

La riforma del Porcellum per ora è stata tenuta fuori dal tavolo, così come chiedeva il Pdl. Se ne comincerà a parlare davvero solo dopo l'esito del voto alle amministrative, quando il quadro politico diventerà inevitabilmente più chiaro anche perché mancherà meno di un anno alla fine della legislatura. L'occasione potrebbe essere la pausa di tre mesi prevista prima della seconda approvazione del disegno di legge di riforma costituzionale, che, se il timing che si sono dati ieri Pdl, Pd e Terzo polo sarà rispettato, arriverà in autunno inoltrato.

L'assenza di un accordo sulla legge elettorale (anche se l'idea prevalente resta di un mix tedesco-spagnolo) non ridimensiona però l'intesa raggiunta ieri da Alfano, Bersani e Casini (presenti anche Gaetano Quagliariello, Luciano Violante, Italo Bocchino e Ferdinando Adornato). Il fatto stesso che i tre leader abbiano deciso di esporsi personalmente, annunciando davanti a microfoni e telecamere «l'accordo», è la conferma che stavolta si fa sul serio.

«La politica si autoriforma», commentava rapido su Twitter Casini. I partiti, messi all'angolo dall'iper attivismo di Monti e dalla crisi di fiducia nei loro confronti, hanno bisogno di recuperare credibilità e non possono permettersi di fare annunci a vuoto. Per questo entro due-tre settimane arriverà il testo della riforma (ancora non è deciso se sarà un ddl nuovo o un emendamento a uno già esistente) che dovrebbe ottenere il primo sì parlamentare prima dell'appuntamento elettorale di maggio.
«Sono fiducioso», ha detto il presidente del Senato Schifani e anche Gianfranco Fini parla di «importanti convergenze». Un modo per dimostrare ai cittadini che si sta facendo sul serio anche se la riduzione dei Parlamentari non è più del 50% come era stato ventilato (saranno 130 deputati e 65 senatori in meno). Poi si entrerà nel vivo della riforma elettorale su cui, come ha ricordato Bersani, «c'è ancora da discutere». Anche perché nessuno è in grado di prevedere quello che accadrà.

Casini cerca di non farsi trovare impreparato: «Destra, centro e sinistra sono etichette che rappresentano ancora la gente? Dobbiamo essere i primi a capire che è finita una stagione politica, che i partiti così come sono organizzati non servono più». L'ex presidente della Camera dice ad alta voce quel che altri temono: andare «oltre i poli», anche «oltre il terzo Polo», per dar vita a «un contenitore diverso» che sia capace di porsi «come elemento guida dell'Italia e degli italiani».

A distanza, segue con attenzione l'evolversi degli eventi il Capo dello Stato. «È molto presto ma il dialogo è sempre positivo», così può riassumersi il giudizio del Colle su quanto avvenuto nelle ultime ore. Giorgio Napolitano più volte ha richiamato le forze politiche ad uno sforzo comune per rinnovare le istituzioni. Lo ha fatto nei suoi discorsi pubblici così come negli incontri con le singole forze politiche. Adesso attende che dai buoni propositi si passi ai fatti.

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