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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2012 alle ore 07:42.

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Evangelos Venizelos con Mario Draghi (Afp)Evangelos Venizelos con Mario Draghi (Afp)

L'atteso salvataggio della Grecia era appeso ieri sera a una difficile riunione dell'Eurogruppo. La speranza di molti è che i ministri finanziari potessero dare il benestare al secondo pacchetto di aiuti al Paese mediterraneo. La partita però appariva complessa, se è vero che improvvisamente un accordo con le banche sulla ristrutturazione del debito greco era tornato ad essere oggetto di nuove trattative.

Arrivando a Bruxelles il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble si è voluto realista: «Se non ci fosse niente da discutere non saremmo qui. L'incontro è stato preparato bene, ma c'è ancora qualche dettaglio da discutere», ha spiegato. «Serve ancora chiarezza sul coinvolgimento dei creditori privati, per assicurarci che il debito greco non superi il 120% del Pil entro il 2020». La questione è delicatissima.
Gli ultimi calcoli della troika Ue-Bce-Fmi rivelano che il debito sarà del 129% del Pil nel 2020 (dal 160% attualmente), quindi superiore all'obiettivo del 120% che i Paesi della zona euro si erano dati come condizione per garantire alla Grecia nuovi aiuti per 130 miliardi di euro. Addirittura, secondo l'agenzia di stampa Reuters, il rapporto prevede che nello scenario peggiore il debito potrebbe attestarsi al 160% del Pil.

Ieri sera, la delegazione greca era composta da due esponenti del governo: non solo il ministro delle Finanze Evangelos Venizelos, ma anche il primo ministro ed ex banchiere centrale Lucas Papademos. Quest'ultimo ha presentato ai ministri finanziari il pacchetto di austerità approvato dall'esecutivo pur di convincere i Paesi partner europei del suo impegno a risanare i conti e a riformare l'economia.
Successivamente ha trascorso la serata a discutere con i rappresentanti delle principali banche creditrici della Grecia. Finora, l'accordo sulla ristrutturazione del debito prevedeva una riduzione del valore facciale delle obbligazioni pubbliche di circa il 50 per cento. Alcuni governi negli ultimi giorni hanno chiesto che il settore privato accetti di aumentare il suo contributo per coprire l'ammanco che si è venuto a creare.
Soluzione realistica? Difficile da dire. Nodo complesso? Senza dubbio. Anche perché dietro alla richiesta di ridurre il debito greco al 120% del Pil non ci sono solo alcuni Paesi della zona euro, ma anche lo stesso Fondo monetario internazionale: alcuni grandi azionisti del Fondo (in particolare i nuovi e ricchi mercati emergenti) sono preoccupati dalla sovraesposizione dell'Fmi alla crisi debitoria dell'Unione monetaria.

La questione non è di poco conto. Il problema non è solo finanziario, ma anche politico. Il timore di molti governi della zona euro è che se le banche dovessero essere costrette ad accettare una riduzione troppo elevata del valore facciale delle obbligazioni, agli occhi dei mercati l'operazione si tradurrebbe in un fallimento della Grecia, tale da scatenare un'ondata di contagio negli altri Paesi della zona euro.
Anche l'Olanda stava facendo resistenza ieri a un'intesa che desse il via libera agli aiuti alla Grecia. «Sono personalmente favorevole a una troika permanente ad Atene», ha detto il ministro delle Finanze Jan Kees De Jager. «Quando si guarda alle numerose derive di cui siamo stati testimoni in Grecia, una presenza permanente appare necessaria». L'Olanda, come altri Paesi del Nord Europa, è ormai insofferente nei confronti di Atene.

A Helsinki, come a Berlino o all'Aja, c'è il timore che la classe politica greca non sia affidabile e che il nuovo denaro abbia l'unico effetto di rinviare l'inevitabile fallimento del Paese mediterraneo. Nel tentativo estremo di rassicurare le opinioni pubbliche più preoccupate, si sarebbe deciso di creare un fondo di garanzia sul quale la Grecia verserebbe gli interessi sui prestiti ricevuti dai suoi partner.
Prima dell'incontro il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker si era voluto cauto: «Vorrei presumere che giungeremo a un accordo definitivo e finale. La Grecia ha rispettato tutti gli impegni che le avevamo chiesto». Molti osservatori ieri sera speravano che alla fine della nottata si giungesse a un qualche via libera ai nuovi aiuti, almeno politico, lasciando (se necessario) aperti i nodi tecnici più complessi.

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