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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2012 alle ore 19:51.

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Il premier Mario Monti tira fuori dal pacchetto fiscale la norma sull'Imu alla Chiesa e decide di giocarsi questa partita con un emendamento al Dl liberalizzazioni. Ma qual è la strategia che si cela dietro questa mossa? La risposta a questa domanda è in un passaggio della nota pubblicata oggi della presidenza del consiglio dei ministri: «l'emendamento, presentato direttamente al Parlamento, in sede di conversione di decreto legge già emanato - si legge - intende garantire la massima tempestività nell'attuazione degli auspici della Commissione europea». Come dire: i tempi sono stretti e il pressing della Ue a tutto campo. Le maggiori entrate che scaturiranno dall'applicazione dell'Imu alle attività commerciali di questi enti ecclesiastici andranno ad alleggerire la pressione fiscale.

Dal 2013 pagano gli immobili di enti non commerciali
L'emendamento al Dl liberalizzazioni presentato in Senato dal Governo prevede che dal 1° gennaio 2013 scatti il pagamento dell'Ici/Imu sugli immobili di enti non commerciali destinati ad attività commerciali. Saranno esentati quelli degli enti non commerciali destinati esclusivamente allo svolgimento «con modalità non commerciali» di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività previste dall'articolo 16, lettera a), della legge 222/85 (ovvero quelle degli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti).

Bruxelles detta i tempi
Insomma, l'Europa detta i tempi. Tanto per capire a che punto è il confronto con Bruxelles, la Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione nell'ottobre 2010. Lo scorso 15 febbraio Monti ha comunicato a Joaquin Almunia, vice presidente della Commissione europea e commissario alla Concorrenza, di voler presentare al Parlamento un emendamento «per chiarire ulteriormente e in modo definitivo la questione». Era dunque un copione già scritto. Il premier, che deve accelerare il ripristino della tassazione degli immobili di proprietà della Chiesa, ha giocoforza deciso di puntare su un altro cavallo, più veloce nello sprint: un emendamento al Dl liberalizzazioni, che sta concludendo l'iter di conversione al Senato (il provvedimento potrebbe diventare legge entro pochi giorni).

Parola d'ordine: evitare le sabbie mobili della conversione
La scelta di puntare su un emendamento al Dl liberalizzazioni dovrebbe garantire, nelle intenzioni del premier, di evitare che la vicenda Imu-Chiesa si blocchi nelle sabbie mobili di Montecitorio e di Palazzo Madama, cosa che per un provvedimento tutto nuovo, come il Dl fiscale oggi licenziato dal Cdm, non è del tutto esclusa. Nel momento in cui sale sul treno già in corsa del Dl liberalizzazioni, l'abrogazione immediata delle norme che prevedono l'esenzione per gli immobili dove l'attività non commerciale non è esclusiva ma solo prevalente potrebbe bruciare i tempi e tranquillizzare, in questo modo, Bruxelles.

Le entrate alleggeriranno la pressione fiscale
«Non si ritiene opportuno - si legge infine nella nota del Governo - procedere ad una quantificazione preventiva delle maggiori entrate». Intanto si delinea il piano del Governo: «Le maggiori entrate», determinate dalla nuova norma sulle esenzioni dall'Imu, si legge nella nota della presidenza del consiglio, «saranno accertate a consuntivo e potranno essere destinate, per la quota di spettanza statale, all'alleggerimento della pressione fiscale. In ogni caso - conclude Palazzo Chigi - vengono riconosciute e salvaguardate le attività non commerciali realizzate dagli enti sopra citati, tanto più meritevoli di considerazione nell'attuale congiuntura economica che impone misure di consolidamento fiscale».

I Salesiani: l'applicazione dell'Imu non è giusta né equa
Intanto si registrano altre levate di scudi: per quanto riguarda l'eventuale applicazione dell'Ici-Imu alle scuole paritarie, i Salesiani d'Italia ribadiscono che «questa non sarebbe giusta né equa». Lo afferma in una nota l'ordine fondato da don Bosco. Le scuole gestite dai salesiani sono 140, per un totale di 25.487 allievi e 2.279 docenti, a cui si aggiungono 52 centri di formazione professionale, con 1.749 corsi, 24.779 allievi e 2.221 formatori. Il provvedimento, spiegano i Salesiani, sarebbe in contrasto con le leggi che prevedono che le scuole non statali «hanno i medesimi doveri e diritti delle scuole statali, poiché svolgono un servizio pubblico e concorrono ai medesimi fini». Quindi, «non possono essere considerate commercialì quelle attività che erogano un servizio che ha rilievo pubblico, é destinato all'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e formazione, tende ad assicurare fondamentali diritti di cittadinanza, come il diritto allo studio e il diritto all'istruzione e formazione professionale».

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