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Questo articolo è stato pubblicato il 05 marzo 2012 alle ore 06:37.

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Neanche il tempo di godersi le buone notizie arrivate in settimana. Lo scudo fiscale ha passato l'esame di Bruxelles perché non comporta la rinuncia agli accertamenti Iva: sulla scorta delle rassicurazioni del Governo e del decreto fiscale che non "copre" le violazioni sull'imposta comunitaria per eccellenza, la Commissione europea ha archiviato la denuncia di quattro europarlamentari italiani.
Ci sarebbero tutte le condizioni per brindare allo scampato pericolo, eppure non si può: bisogna tornare a studiare in vista di un esame altrettanto delicato. Nel mirino di Bruxelles è finito il quadro RW. Si tratta di un altro test, sempre collegato alle scelte fatte nel l'estate del 2009 per facilitare il rimpatrio di attività e ricchezze trasferite illegalmente oltreconfine per sfuggire al prelievo in Italia. Per l'esattezza, il problema sta nel volto duro mostrato dal Fisco verso i contribuenti a cui aveva proteso la mano con gli sconti concessi a chi rimpatriava. Il volto duro è il meccanismo di penalità per chi non compila il quadro RW, vale a dire lo spazio della dichiarazione dei redditi che monitora gli investimenti, le proprietà ma anche le opere d'arte detenute all'estero dal residente italiano. Che cosa succede se il contribuente "dimentica" di indicarli? La sanzione può essere pesantissima: dal 10 al 50% dell'ammontare degli importi non dichiarati e la confisca di beni di corrispondente valore.
Proprio su questo, la Commissione europea vuole vederci chiaro. Il rischio di applicare «sanzioni improprie, ovvero sproporzionate rispetto al l'adempimento» sarebbe altissimo per i commissari europei. Non è un caso, infatti, che sullo specifico argomento nei confronti della normativa italiana sia partito uno di quei «Eu pilot», ovvero programmi specifici con cui la Commissione europea mette sotto controllo la corretta applicazione del diritto comunitario da parte degli Stati membri. E non sarebbe certo un problema da poco se Bruxelles dovesse formulare rilievi e condannare l'Italia. A tal punto che il Governo starebbe valutando l'ipotesi di apportare da subito alcune correzioni per ridurre sensibilmente l'impatto delle osservazioni comunitarie. In particolare, già nel decreto fiscale appena approvato, potrebbe trovar posto una modifica al quadro RW prevedendo l'esclusione dai righi delle attività di natura patrimoniale detenute all'estero ma in realtà già affidate a intermediari residenti in Paesi dell'Unione europea.
Ancora una volta, per non incappare in censure comunitarie, l'Italia si trova costretta a rincorrere – e tal volta a rivedere integralmente – alcune scelte operate dal legislatore o dal Governo unicamente per soddisfare esigenza di cassa. In questa direzione vanno lette anche le norme introdotte sulle liberalizzazioni, a cui va aggiunto il cambio di rotta impresso dall'attuale Governo sul rispetto delle leggi Comunitarie: dopo anni di ritardi abissali si è ora cercato di giocare d'anticipo sui disegni di legge della Comunitaria 2011 e 2012 (quasi in tempo reale, si potrebbe dire). Per la prima volta dopo circa un decennio il Ddl comunitaria è all'esame delle Camere nell'anno di riferimento.

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