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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2012 alle ore 09:03.

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Hussein Shariatmadari (Reuters)Hussein Shariatmadari (Reuters)

TEHERAN - La prima pagina di Keyhan, quotidiano conservatore diretto da Hussein Shariatmadari, è dedicata alle elezioni parlamentari, ma il titolo è curiosamente soffocato da una grande foto della nevicata a nord di Teheran. Come se si volesse "congelare" l'argomento. «La propaganda occidentale parla di concorrenza tra Khamenei e Ahmadinejad ma è vero soltanto che una maggioranza di eletti fa riferimento alla Guida Suprema, cioé al "velayat e-faqih", il principio fondante della repubblica islamica».

Shariatmadari, uno dei capi dell'ala dura, afferma che è meglio aspettare tra un mese il voto di ballottaggio su 60 candidati prima di esprimere «giudizi avventati»: il suo sguardo è tagliente perché questo all'interlocutore deve apparire più di un esplicito suggerimento.

Consigliere di Khamenei, ma da anni sostenitore anche di Ahmadinejad, critico feroce dell'Onda Verde, Shariatmadari è uno degli uomini più temuti della repubblica islamica. Accompagnato da una fama sinistra, legato ai servizi segreti, è stato un rivoluzionario della prima ora e venne torturato nelle galere dello Shah. Khamenei lo ha eletto suo portavoce, pochi come lui esprimono la "Linea dell'Imam", anche in politica estera.

«La Guida Suprema è stata chiara - riferisce Shariatmadari - le minacce israeliane e americane peggiorano le cose, ma se attaccano la loro situazione peggiorerà dieci volte».

Chiediamo come. «Israele è sotto il tiro dei nostri missili, non ci sarà porto o città al sicuro. Avete visto la guerra del Libano nel 2006? Abbiamo imparato da Hezbollah come combattere gli israeliani. Non sono riusciti a battere né loro né Hamas, volete che siano capaci di mettere in ginocchio l'Iran?». «Hezbollah - sottolinea Shariatmadari - è un esercito universale, è il fratello dell'armata dei Pasdaran (le Guardie della rivoluzione n.d.r.)».

«Ma credo - aggiunge - che non attaccherano. L'opzione militare è sul tavolo continuano a dire Usa e Israele, in realtà è già caduta sotto il tavolo, se hanno calcolato bene le conseguenze». Così la pensa la dirigenza di Teheran anche dopo l'incontro Obama-Netanyahu: Washington sembra volere lasciare ancora aperta una "finestra" alla diplomazia e all'effetto sanzioni.

«Perché vacillano le sicurezze occidentali in Medio Oriente», spiega il direttore di Keyhan. «Con la primavera araba sono crollati i loro alleati: Israele è sotto pressione strategica di due "Linee Blu", il Nilo e l'Eufrate. Questi confini non sono più sicuri. In Egitto non ci sarà più un regime filo-israeliano e Baghdad è amica dell'Iran».

E la Siria? Lo storico alleato iraniano è sempre meno credibile: su quel fronte Teheran è assai vulnerabile. «Ha ragione - risponde Shariatmadari - Damasco è in difficoltà ma siamo convinti che la maggioranza continui a sostenere il regime. La destabilizzazione non viene dall'interno ma da Arabia Saudita e Qatar, sostenuti dalla Lega Araba, che hanno stanziato 10 miliardi di dollari per armare i salafiti. Questi Paesi arabi però da soli non hanno mai vinto una guerra: guardi Homs, ormai il Governo controlla la situazione». A che prezzo per Shariatmadari è, naturalmente, un particolare trascurabile.

Sul nucleare Teheran non cambia linea. «Siamo pronti a negoziare ma non sull'arricchimento dell'uranio. Vicino a Teheran (Parchin,n.dr.) stiamo usando un reattore per l'arricchimento al 20%, a Fordo (provincia di Qom), impieghiamo centrifughe di quarta generazione con velocità doppia rispetto alle precedenti. Anche il nostro negoziatore Jalil incontrando la Ashton ha ribadito che non intendiamo aprire discussioni su questo punto».

«Non ci interessa la bomba atomica ma non rinunciamo al diritto, riconosciuto dal trattato Ntp, di avere l'energia nucleare. La Guida Suprema la pensa come l'Imam Khomeini: l'atomica è "haram", proibita, fuori legge. Dal primo giorno della rivoluzione con gli Stati Uniti è in atto una guerra dei nervi: in realtà vogliono cambiare il regime e ora prendono come scusa il nucleare. Se questo atteggiamento persiste non sarà possibile nessuna trattativa». Così parlò Shariatmadari, la voce di Alì Khamenei, una Guida Suprema più forte dopo le elezioni e forse ancora più inflessibile nel suo vero obiettivo: sopravvivere al potere.

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