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Questo articolo è stato pubblicato il 08 marzo 2012 alle ore 16:35.

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Tempi lunghi per le indagini della polizia indiana, forse influenzate dalle imminenti elezioni nello stato del Kerala, circa i referti balistici che potrebbero confermare o meno la compatibilità tra i proiettili che hanno colpito il peschereccio Saint Antony e ucciso due pescatori e quelli in dotazione ai fucili degli uomini del Reggimento San Marco imbarcati sulla petroliera Enrica Lexie. I primi esiti sono attesi domani ma le informazioni trapelate finora sono contraddittorie come del resto le testimonianze sulle quali si regge l'accusa ai militari italiani. Contro di loro non sono ancora emerse quelle «prove incontrovertibili» di cui parlava nei giorni scorsi Oommen Chandy, premier del Kerala.

I primi riscontri riferivano di proiettili di grosso calibro, forse 12.7 millimetri, utilizzati da mitragliatrici pesanti Browning o fucili di precisione Barret. Armi che non sono in dotazione ai militari del Nucleo marittimo di protezione imbarcato sui mercantili. Il 21 febbraio fonti di polizia riferivano però che «potrebbe trattarsi di proiettili calibro 5,56 millimetri come quelli dei fucili Beretta AR-70 in dotazione agli italiani».

L'esame del cadavere di uno dei due pescatori uccisi effettuato da K. Sasikala, professore di Medicina e Chirurgia legale a Trivandrum, ha permesso di recuperare un frammento di proiettile lungo 3,1 centimetri di un calibro più grande, probabilmente 7,62 millimetri. Il referto spiega che però un proiettile di questo tipo avrebbe avuto effetti più devastanti sulla testa del pescatore «a meno che non fosse stato sparato da mille metri di distanza o più 1.000». Una valutazione che non tiene però conto del fatto che l'impatto e il potere di penetrazione del proiettile potrebbe essere stato ridotto dalla parete di legno della cabina del peschereccio.

Poco credibili anche i racconti dei nove pescatori superstiti che subito dopo gli eventi, il 16 febbraio, dichiararono alla stampa indiana di non aver visto nessuna nave ma di aver solo udito i colpi e trovato i due compagni morti. Il 22 febbraio, con i fucilieri italiani già in stato di fermo e la Enrica Lexie nel porto di Kochi, i nove hanno raccontato con molti dettagli di essere stati bersagliati per due minuti da una pioggia di fuoco esplosa dalle murate di una nave con gli stessi colori della petroliera italiana.

Se così fosse i colpi sul Saint Antony avrebbero avuto una traiettoria inclinata, dall'alto verso il basso ma quasi tutti i proiettili che hanno colpito il peschereccio (escluso quello che ha ucciso il timoniere che, secondo la perizia del professor Sasikala, sarebbe stato esploso da posizione più elevata) avevano traiettoria orizzontale e almeno uno dal basso verso l'alto. Ciò significa che chi ha attaccato il Saint Antony si trovava su una imbarcazione di dimensioni simili (peschereccio o motovedetta) o più piccole come uno skiff (barchino lungo e stretto) o un gommone, non certo una petroliera.

Circostanze che, unite alla distanza tra la rotta della Enrica Lexie e l'area dove il pescatori dicono di aver subito l'attacco, inducono a ipotizzare che il Saint Antony, in mare da una settimana a pescare tonni quando è stato colpito dalle raffiche, possa essere stato attaccato da imbarcazioni dello Sri Lanka, motovedette della Marina o pescherecci, come spesso accade alle navi da pesca indiane che si spingono nelle acque dell'ex Ceylon, particolarmente ricche proprio di tonni. Dal Kerala il Saint Antony vi sarebbe potuto arrivare in non più di 48 ore di navigazione sotto costa.

L'India è consapevole del problema (come lo è del fenomeno dei pirati che infestano le sue coste) che ha determinato violenti scontri in mare con vittime e ostaggi indiani catturati proprio dai pescatori cingalesi che il 22 febbraio, a bordo di skiff, hanno aggredito e ferito 8 "colleghi" indiani. Non mancano del resto neppure episodi di violazioni delle acque indiane da parte di pescatori cingalesi

Finora i tentativi di definire le aree di pesca e comporre la questione non hanno avuto successo e il 28 marzo a Nuova Delhi è previsto un incontro bilaterale tra le autorità dello Sri Lanka (che lamenta perdite per 50 milioni di dollari annui a causa a pesca illegale degli indiani.

Dopo la denuncia di un tentato attacco dei pirati a bordo di un peschereccio da parte della Enrica Lexie qualcuno potrebbe aver pensato che accusando gli italiani sarebbe stato più facile ottenere quanto meno un lauto risarcimento previsto, per ora in forma di cauzione, intorno al mezzo milione di euro. Quanto chiesto dalla corte del Kerala per autorizzare la petroliera italiana a riprendere il mare.

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