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Questo articolo è stato pubblicato il 16 marzo 2012 alle ore 10:20.

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(Epa)(Epa)

Come da copione, nel pre-season abbiamo visto tanti mugugni, rimpianti, addii, perdite e limitazioni: una storia già sentita ma che quest'anno fa davvero male, specie all'Italia, causa zero piloti tricolori al via e una Ferrari non contenta dei test invernali.

Ma la Formula 1 è sempre la Formula 1 e nella stagione 2012, nonostante i venti freddi dai settori finanziari e dai consumi, per non parlare dei gelidi quadranti dell'industria automobilistica e dei media, rimane comunque protetta da un alone di ricchezza e da un'immutata voglia di andare avanti, addirittura crescendo in genere e in numero, anche se non senza qualche importante compromesso.

In buona sostanza il campionato più importante del mondo sarà più sicuro a bordo delle auto, più globale a livello dei circuiti e maggiormente eterogeneo fra le nazionalità dei piloti ma, allo stesso tempo, un po' meno forte sul fronte dei team, che sembrano ancora soffrire dei lividi dell'abbandono di Renault, BMW, Honda e Toyota. Pur non essendoci infatti scuderie esordienti, le pesanti riorganizzazioni interne di molti piccoli protagonisti del Circus preludono ad altre "brutte figure" e ad annate ancora disastrose, pur in alcuni casi portando nomi di tutti rispetto.

Ma se alla radice di tanti problemi ci sono ragioni sopratutto economiche, almeno la federazione non si fa scappare le tematiche di sicurezza più importanti per lo sviluppo di questo sport: aver reso per esempio più severo il crash test, introducendo una prova di compressione verso l'alto, è solo che un bene per tutti. Il rispetto per i piloti passa anche per la ben più nota imposizione dell'altezza del muso diversa dal passato e con due quote differenti rispetto al piano di riferimento, allo scopo di lenire gli effetti di un impatto laterale con un altro avversario, sfociata nella famosa creazione dei musetti a gradino anzidetti a "becco d'anatra".

In tema di prestazioni pure, gli scarichi sono stati e saranno ancora una materia molto discussa: oltre al divieto di soffiare nei diffusori, le matite rosse parigine quest'anno si sono distinte anche nel conformare a proprio piacere la posizione e il disegno dei terminali, pur lasciando comunque aperte ancora diverse interpretazioni a carico dei progettisti. Ai designer sono però state impedite anche forme curve nei dieci centimetri terminali della coda: niente più quindi andamenti sinuosi come visti sulla Mercedes 2010, ma solo tratti lineari, con una libertà di angolazione da 10 a 30 gradi rispetto alla longitudine. Fra gli altri divieti più evidenti a occhio nudo, si segnalano infine l'abolizione delle sezioni ovali degli scarichi, che ora devono essere tondi e al massimo di 75 mm di diametro, senza la possibilità di taglio a "fetta di salame".

Se per molti questi severi regolamenti "soffocano" tante soluzioni collaudate, è pur vero che i progettisti inventano ancora: volenti o nolenti, le nuove norme impongono significativi cambiamenti di carico e quindi un ripensamento generale delle macchine e una ricaduta importante anche sugli pneumatici. Gli effetti? Speriamo in un rimpasto dei giochi di forza a medio e lungo termine, visto che il pubblico inizia a stancarsi di vedere sempre di più abbattere record "storici" di anno in anno. Il rischio noia, infatti, rimane sempre altissimo, a causa di fattori degradanti come la sempre più vasta presenza di "piloti con la valigia", una brutta consuetudine dei team di terza fascia che sembra aver fatto un patto col diavolo con un'altra tendenza generale e inarrestabile. Se ne lamentano infatti da anni, quasi inascoltati, tanto Luca Cordero di Montezemolo quanto Stefano Domenicali: c'è troppo dipendenza dall'aerodinamica e dall'elettronica, e tutto questo svilisce la vecchia supremazia della meccanica e dei piloti. Sembra infatti finita quell'era in cui si cercava il guidatore più veloce: oggi la priorità della macchina ha trasferito la sfida ai computer, che valutano matematicamente i piloti più efficienti fisicamente, ma il talento puro sembra ormai un requisito non più indispensabile per conquistare un sedile.

Campioni o meno, comunque, i piloti nel 2012 godranno di maggiore riconoscibilità televisiva, grazie a una nuova regola che impone ai team di colorare la telecamera sopra alle prese d'aria in rosso per le prime guide e in giallo per la seconda macchina. Speriamo poi che i diritti tv per il futuro vengano chiariti al più presto: basti pensare infatti che la Rai, con grande anticipo, aveva già nel 2005 esteso il contratto che era in scadenza a fine 2008, allugandolo a tutto il 2012. Mentre ora è evidente che, se si è ridotta all'ultimo, probabilmente è a causa di difficoltà a trovare un punto d'incontro soddisfacente con Bernie Ecclestone e la sua CVC.

In un quadro quindi non del tutto incoraggiante dal punto di vista tecnico e sportivo, arriva inoltre puntuale come un orologio svizzero uno studio economico italiano della società specializzata StageUp, che avrebbe rilevato nel 2011 il sorpasso degli introiti delle squadre di calcio italiane di Serie A, al netto delle plusvalenze, rispetto a quelli dei 12 team di Formula 1, confermando un trend negativo che vedrebbe le scuderie in forte calo nell'ultimo triennio di un preoccupante 41%. Dati discutibili anche se incoraggianti per il calcio nostrano, che gode sempre di un'ottimo seguito: tuttavia se senza dubbio i budget si sono contratti moltissimo, è davvero difficile stabilire il reale turnover dei top team, specialmente per quanto riguarda i "costruttori" che difficilmente lasciano trapelare informazioni così riservate e, per ovvie ragioni strategiche, giocano sapientemente sul mix di investimenti fra la produzione di serie e la gestione sportiva.

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