Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 02 aprile 2012 alle ore 09:30.

My24
(Afp)(Afp)

Vincitrice incontestabile delle elezioni birmane è Aung San Suu Kyi. Meno evidente l'altro vincitore: Thein Sein, l'ex generale eletto presidente nel febbraio 2011. Ha vinto contro i falchi del regime, di cui aveva fatto parte. «Se falliamo, finiremo in prigione» aveva dichiarato un anonimo parlamentare schierato con Thein Sein. Il rischio di un ennesimo colpo di stato, come quello che annullò le elezioni del 1990 vinte dalla stessa San Suu Kyi, resta forte.

Può essere scongiurato dall'unione dei due vincitori. In questo senso non ci sarebbe da stupirsi - forse è auspicabile - se il presidente Thein Sein fosse premiato con il Nobel per la Pace, equiparandolo alla Signora, che l'ha vinto nel 1991. Come accadde a Frederik Willem de Klerk, ultimo presidente del Sudafrica dell'apartheid. Anche lui, dopo una carriera da conservatore, avviò la politica che avrebbe trasformato il paese. Nel 1993 gli fu assegnato il Nobel, condiviso con Nelson Mandela.

Secondo alcuni il comportamento di Thein Sein è motivato da una profonda volontà di guadagnare meriti a riscatto di un karma macchiato dalle colpe precedenti. Per la maggioranza è un calcolo strategico.
Pochi giorni prima delle elezioni, in un blog del "Wall Street Journal" si definiva quella birmana "una rivoluzione senza nome", contrapponendola a movimenti e rivolte dai nomi suggestivi. In questo caso, però, la definizione più corretta è nel lessico politico italiano: "compromesso storico". È l'unica via praticabile. In termini strategici permette alla Birmania di giocare su più tavoli. Lo chiarisce un articolo di un funzionario birmano approvato "dalle più alte autorità": "Non vogliamo che la nostra nazione divenga un satellite cinese. Ma le nazioni occidentali non devono costringerci in un angolo".

In economia può condurre all'abolizione delle sanzioni. «Potrebbero essere eliminate» ha dichiarato il commissario per il commercio dell'Unione Europea Karel De Gucht in occasione del "Business Summit Eu-Asean" che si è svolto a Phnom Penh, in Cambogia, il giorno delle elezioni birmane. Nella stessa occasione il consigliere economico di Thein Sein, Winston Set Aung, ha presentato un programma sulle "Opportunità Economiche in Myanmar". Coincidenza non casuale e programma troppo elaborato per non essere stato studiato con largo anticipo. I punti focali sono l'apertura di zone economiche speciali e le facilitazioni per gli investimenti esteri. Set Aung, inoltre, ha confermato che la Central Bank of Myanmar introdurrà un tasso di scambio controllato del kyat, la divisa nazionale, che dovrebbe assestarsi su 800 kyat per dollaro. «Il Myanmar è di nuovo in affari» ha commentato Win Aung, presidente delle camere di commercio del Myanmar, dichiarandosi fiducioso circa la decisione dei ministri degli Esteri europei che si riuniranno il 23 aprile.

Solo col compromesso, infine, si può risolvere il problema etnico. Le minoranze sono le vere sconfitte di queste elezioni: le loro rivendicazioni rischiano di sparire dalla scena. Il che potrebbe rinfocolare i conflitti. Solo assieme, la Signora e il Presidente, possono convocare una conferenza - come quella di Padaung, che si svolse nel 1947 sotto l'egida del generale Aung San, padre della patria e di Aung San Suu Kyi - per dare un assetto federale al paese.

Intanto, finalmente, s'è risolto un problema che continuava a essere oggetto di contendere: come chiamare il paese. Birmania era il termine usato per segnare un distinguo da Myanmar, toponimo coniato dal regime «Chiamatela come volete, non importa più» dice un giovane rifugiato in partenza per casa.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi