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Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2012 alle ore 10:37.

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Nadia Dagrada e Francesco Belsito (Ansa)Nadia Dagrada e Francesco Belsito (Ansa)

Dalle moltissime intercettazioni, negli atti dell'inchiesta coordinata dall'aggiunto Robledo e dai pm Pellicano e Filippini, esce fuori uno "spaccato" delle recenti spese di "mantenimento" dei Bossi («Gli devi dire, noi manteniamo tuo figlio Riccardo, tuo figlio Renzo, tuo figlio, tu gli devi dire guarda che tu non versi i soldi, tuo figlio nemmeno, ed è da quando sei stato male», dice al telefono la segretaria la responsabile amministrativa Nadia Dagrada all'ex tesoriere della Lega Francesco Belsito) ma anche riferimenti a presunti fondi neri più indietro negli anni. Quest'ultimo particolare viene fuori in una telefonata del 29 gennaio sempre tra la responsabile amministrativa e l'ex tesoriere.

Quell'intercettazione, come tante altre di quei giorni dopo che lo "scandalo" degli investimenti in Tanzania è già esploso sui media, li vede parlare costantemente dell'ex ministro Roberto Castelli che vuole fare, come dicono i due, «il salvatore della patria» chiedendo che dei «revisori» controllino i bilanci del Carroccio. Dagrada: «Però tu al capo (Bossi) precisi la cosa del discorso soldi, che Castelli vuole andare a vedere la cassa e quelli che sono i problemi, perché comunque tu non è che puoi nascondere quelli che sono i costi della famiglia, cioè da qualche parte vengono fuori (...) Anche perchè o lui, (Umberto Bossi, nota degli investigatori) ti passa come c'era una volta tutto in nero o altrimenti come ca... fai tu».
Dagrada, si legge negli atti, «parla chiaramente del "nero" che Bossi dava tempo fa al partito. Ovviamente il significato del "nero" è riconducibile alla provenienza del denaro contante che può avere varie origini, dalle tangenti, alle corruzioni o ad altre forme di provenienza illecita e non tracciabile».

I bar acquistati da Belsito a Milano

Denaro, scrivono ancora gli investigatori, «che poi veniva elargito senza lasciare traccia a Bossi ed ai suoi familiarì». E proprio «per conto di Bossi» Belsito avrebbe - come lui stesso racconta - «acquistato a Milano dei bar». Tra i soldi del partito che arrivano alla famiglia, la quota più significativa, dagli atti e dalle intercettazioni, sembra essere quella destinata alla scuola Bosina della moglie di Bossi: «Un mutuo da un milione e mezzo di euro fatto con la Pontidafin (Pontida fin srl società finanziaria della Lega Nord con sede in via Bellerio)». E poi da un'intercettazione dello scorso 8 febbraio emerge che Belsito per la Bosina avrebbe dovuto sottrarre dalle casse della Lega «un milione di euro». E poi ancora sempre riferendosi alla scuola in un'altra telefonata, Belsito: «Vogliamo parlare di quel contributo che gli diamo tutti gli anni? Tra i 150 e i 200 mila?».

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