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Questo articolo è stato pubblicato il 08 aprile 2012 alle ore 14:48.

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L'appello del Papa: basta sangue in SiriaL'appello del Papa: basta sangue in Siria

L'Africa, a partire dalla Nigeria, dove le chiese continuano a essere attaccate, e il Medio Oriente. A queste due immense e travagliate aree della Terra, i cui Paesi ha idealmente attraversato anche durante gli auguri pronunciati in 65 lingue, il Papa ha rivolto con forza il suo pensiero in questa giornata di Pasqua.

La parte più forte del suo messaggio Urbi et Orbi tradizionalmente pronunciato dopo la messa pasquale, è tutta raccolta in un pressante appello alla pace per queste nazioni. Ricordando che «la speranza, in questo mondo, non può non fare i conti con la durezza del male», fatta di «morte, invidia, orgoglio, menzogna, violenza». Un «intreccio mortale» che anche Cristo ha conosciuto, ma ha sconfitto. «Cristo è speranza e conforto» per chiunque subisce ingiustizie, in particolare «per le comunità cristiane che maggiormente sono provate a causa della fede da discriminazioni e persecuzioni», ha sottolineato il Papa.

Oltre 100mila fedeli hanno partecipato alla celebrazione, riempiendo tutta piazza San Pietro, il piazzale antistante e parte di via della Conciliazione e al termine hanno salutato il Papa con un lungo applauso. Ad abbellire il sagrato e la piazza le decorazioni floreali preparate dai fioristi olandesi: oltre 42 mila fiori e piante tra lilium, rose, aster e rami di ciliegio giapponese.

Nell'Urbi et Orbi, il messaggio rivolto alla città - Roma - e al mondo, Benedetto XVI ha articolato il suo discorso guardando prima alla macro-aree e poi ai singoli Stati, consapevole che il processo di pacificazione e di messa in sicurezza non può non avvenire senza una spinta a livello internazionale. In «Medio Oriente - ha affermato il Pontefice - tutte le componenti etniche, culturali e religiose di quella Regione collaborino per il bene comune e il rispetto dei diritti umani».

Poi si è soffermato sulla Siria, con un invito diretto: «Cessi lo spargimento di sangue e si intraprenda senza indugio la via del rispetto, del dialogo e della riconciliazione, come è auspicato pure dalla comunità internazionale». E «i numerosi profughi, provenienti da quel Paese e bisognosi di assistenza umanitaria, trovino l'accoglienza e la solidarietà che possano alleviare le loro penose sofferenze».

Dopo aver ricordato il «popolo iracheno», incoraggiandolo a «non risparmiare alcuno sforzo per avanzare nel cammino della stabilità e dello sviluppo», Benedetto XVI ha chiesto che «in Terra Santa, Israeliani e Palestinesi riprendano con coraggio il processo di pace».

Nella seconda parte del suo messaggio, il Papa ha parlato dell'Africa, pregando per il sostegno alle «comunità cristiane del Continente africano», affinché esse possano essere «operatrici di pace e artefici dello sviluppo delle società a cui appartengono». Benedetto XVI ha chiesto a Cristo di favorire la riconciliazione delle «popolazioni sofferenti del Corno d'Africa», di aiutare alla «riconciliazione» la «Regione dei Grandi Laghi, il Sudan ed il Sud Sudan, donando ai rispettivi abitanti la forza del perdono».

Poi si è soffermato sul Mali, che «attraversa un delicato momento politico», nella speranza che trovi «pace e stabilità. E infine sulla Nigeria, «teatro di sanguinosi attacchi terroristici». Un triste copione che si è ripetuto anche oggi, nel nord del Paese, a Kaduna, dove un ordigno piazzato nei pressi di una chiesa ha fatto numerose vittime. L'auspicio di Benedetto XVI è che in questo Paese così segnato emergano «le energie necessarie per riprendere a costruire una società pacifica e rispettosa della libertà religiosa dei suoi cittadini».

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